Ci ha messo meno di un mese Salvatore Genova – arrestato stamattina con l’accusa di essere il reggente del mandamento mafioso di Resuttana, a Palermo – a tornare in pista e a riprendere le redini della consorteria di Cosa nostra. Un mese da quando il commercialista Giuseppe Mesia, anche lui finito in manette, lo era andato a prendere all’uscita dal carcere di Opera, dove aveva scontato gli ultimi scampoli di pena. Nessuna riabilitazione, dunque. Trenta giorni dopo, Genova dava già istruzioni a Mesia su come trattare la vendita di un’attività, la gelateria Gelato 2, in via Alcide De Gasperi, su cui aveva messo gli occhi la società Magi srl, che gli inquirenti hanno verificato essere nelle influenze di Michele Micalizzi, boss di un altro mandamento, quello confinante di Partanna Mondello, che con Resuttana si spartisce – non senza qualche screzio – il territorio di San Lorenzo.
Il prezzo era stato fissato a 75mila euro ma, di questi, cinquemila andavano riscossi subito. E in nero. «Allora, per sette e mezzo si può chiudere. Però…» diceva Genova a Mesia, che neanche faceva finire di parlare il boss, concludendo lui la frase: «Cinque devono restare nt’a baciledda». «Sì, ma prima però» replicava Genova. «Prima, certo!». Una transazione delicata, per un’attività che ricadeva in una terra di confine, laddove i due mandamenti facevano a gara per chi fosse più influente. Una gara che, questa volta, pareva doversi risolvere in favore di Genova e di Resuttana.
Incamerate le istruzioni, Mesia mette al corrente Benedetto Alerio, titolare delle rosticcerie Antica Polleria Savoca, la cui sede principale è proprio a San Lorenzo. Lo stesso Alerio che avrebbe incontrato alcuni giorni più tardi il boss Micalizzi, stando attento a tenere a mente la principale regola imposta da Genova: «Non ti confondere e non chiedere favori – gli aveva raccomandato il messaggero Mesia – Perché siamo due colonie». Due colonie – mandamenti – diverse, che però cercavano di mantenere una parvenza di stabilità, motivo per cui «bisogna mantenere i rapporti. Si comunicano, sono amici», diceva ancora Mesia ad Alerio, riferendosi ai rapporti tra Micalizzi e Genova.
Amici, ma non troppo, visto che l’altra precisazione fatta al futuro mediatore era riguardo all’influenza dei due sul luogo in questione: «Lui (Genova, ndr) è più alto di Michele (Micalizzi, ndr). Quello qua non è nessuno. Hai capito? Qua lui non è nessuno. Zero!». Quindi doveva sborsare subito i cinquemila euro «che lo concordiamo così, con la messa in regola». Un trattamento che a sua volta anche Genova aveva subito in precedenza, quando i suoi affari si erano inoltrati troppo nel territorio di Micalizzi, che nelle intercettazioni riportate sul fascicolo di una precedente indagine lamentava: «No, però sta giocando troppo. E sta annagghiando troppo. Lui perché si viene a immischiare nelle cose di qua?».
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