Prima udienza preliminare dopo l’imputazione coatta per concorso esterno in associazione mafiosa per il governatore siciliano Raffaele Lombardo e il fratello Angelo, deputato nazionale Mpa. Ma questa volta i veri protagonisti non erano loro. E non solo perché assenti. A guadagnarsi i flash dei fotografi e la curiosità di quanti passavano per i corridoi del tribunale di Catania è stata l’accusa: la Procura di Catania che ha partecipato con ben quattro magistrati. Avanzano verso l’aula in squadra: due tra i sostituti titolari del fascicolo originario sui fratelli Lombardo Giuseppe Gennaro e Agata Santonocito, il procuratore aggiunto Carmelo Zuccaro che sostiene l’accusa nel processo ai due per voto di scambio e, al centro, il reggente della procura etnea Giovanni Salvi. Assente invece il collega di Zuccaro, Michelangelo Patanè. Un gruppo che in passato ha manifestato posizioni discordanti circa la possibile archiviazione dell’accusa per i Lombardo. «Io sarò presente alle udienze preliminari. L’intero ufficio è unito e le seguiremo insieme» sottolinea Salvi.
Ascolta la dichiarazione del procuratore capo Giovanni Salvi
Un’udienza breve, presto rinviata per un difetto di notifica a uno dei due legali difensori di Angelo Lombardo, secondo la difesa. «Non condividiamo quest’eccezione dei legali spiega Salvi Ma vogliamo che tutto si svolga nel modo più sereno possibile». L’appuntamento è stato quindi presto rimandato al prossimo 24 maggio, quando si prevede di concludere la costituzione delle parti e stilare un calendario per la discussione. La difesa del presidente della Regione si dice pronta. Produrrà del nuovo materiale e non esclude nessuna possibilità. Nemmeno la richiesta di rito abbreviato. «La legge prevede che si possa richiedere nel corso di tutta l’udienza preliminare spiega Guido Ziccone, legale di Raffaele Lombardo E’ una possibilità». Nessuna conferma, ma nemmeno una smentita.
Rito abbreviato per Raffaele Lombardo? Ascolta la risposta del legale
Dura quindi appena un quarto d’ora la prima udienza per i due fratelli davanti al giudice dell’udienza preliminare Marina Rizza, dopo la decisione del gip Luigi Barone di non accogliere la richiesta di archiviazione per il reato di concorso esterno avanzata dalla procura etnea e procedere all’imputazione coatta per i Lombardo. Solo uno dei colpi di scena di una vicenda che risale al novembre del 2010 e ha la sua origine nell’operazione denominata Iblis sulle presunte collusioni di politici e imprenditori con esponenti della criminalità organizzata. Tra gli indagati, in principio, anche Raffaele e Angelo Lombardo. Posizione, la loro, che però viene stralciata dai due aggiunti Zuccaro e Patanè allora reggente facente funzioni prima dell’arrivo di Salvi e derubricata in reato elettorale. Voto di scambio è la nuova accusa di cui dovranno rispondere i due, per cui è ancora in corso un processo parallelo. Ma la decisione degli aggiunti viene contestata dai quattro sostituti procuratori titolari del caso. Che ricorrono al Consiglio superiore della magistratura. Il cambio di un’accusa con un’altra, sostiene il Csm, «non può certo comportare unelusione dellobbligo di sottoporre al vaglio del giudice» la scelta di archiviare lazione penale su fatti ipotizzati in precedenza.
Archiviazione chiesta mesi dopo da Patanè e Zuccaro: per la mancanza di elementi di prova consistenti, dicono i magistrati, e per le difficoltà aggiunte dalla sentenza della Cassazione sul caso dell’ex ministro Calogero Mannino, accusato dello stesso reato. Impossibile condannare se non si riesce a provare che, alla richiesta di favori elettorali alla mafia, il politico risponda ringraziando con dei contro-favori. Elementi che, secondo i due aggiunti, mancano alla procura etnea. Ma non la pensa così il giudice Barone che, nell’ordinanza di imputazione coatta per i due, esclude l’aiuto costante di Cosa Nostra nei confronti del governatore siciliano e del fratello elemento certo per l’accusa – senza avere ricevuto nulla in cambio.
[Foto di Forum PA]
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