Mafia, processo ai Santapaola per l’estorsione a un bar La notte dopo l’udienza danneggiata l’auto delle vittime

Il finestrino dell’auto parcheggiata sotto casa frantumato con tutte le schegge di vetro finite sul sedile posteriore. Un atto vandalico ai danni degli imprenditori Angelo e Lucia Salice che arriva all’indomani dell’udienza in cui padre e figlia sono stati accettati come parte di civile nel processo per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Tra i sei imputati c’è anche Francesco Santapaola. Conosciuto con il soprannome di Coluccio, il 42enne, che è il cugino del più noto Nitto, si trova detenuto nel carcere di Spoleto dopo essere stato arrestato nell’operazione Kronos in quanto ritenuto il reggente della famiglia di Cosa nostra etnea. E non sarebbe il primo episodio: il giorno prima della prima udienza del procedimento (che è partito il 10 novembre), davanti alla loro attività commerciale, i Salice hanno trovato una scatola con dentro delle fiches. «Azioni che hanno l’aria di essere degli avvertimenti ma che non ci faranno arretrare nemmeno di un passo», commenta a MeridioNews Nicola Grassi, il presidente di Asaec, l’associazione antiestorsione catanese parte civile al processo al fianco delle vittime. 

Una vicenda che ha avuto inizio all’inizio dell’estate di sette anni fa e che dopo la denuncia da parte delle vittime adesso vede alla sbarra, oltre a Santapaola, anche il 39enne Nicolò Andrea Corallo già detenuto per altra causa nel carcere di Siracusa; il 58enne Giovanni Fraschilla; il 49enne Cesare Marletta e i gemelli classe 1963 Angelo e Vincenzo Carmelo Pistorio. È la mattina del 6 giugno del 2014 quando squilla il telefono di Angelo Salice: «Non ti stai comportando bene. Ci devi fare un regalo», gli avrebbero intimato Marletta e Corallo che per l’accusa fanno riferimento all’acquisto del bar Nuovo caffè per cui sarebbe stato costretto a «mettersi a posto» e a pagare assegni postdatati e senza beneficiario. Quindici assegni da 3000 euro e due da 2500 euro, per un totale di 50mila euro a Vincenzo Carmelo Pistorio. Poche ore più tardi, nel laboratorio di corso Indipendenza si sarebbe presentati Marletta, Corallo e Fraschilla. Stando a quanto denunciato, tutti e tre avrebbero strattonano Salice fino a farlo cadere a terra con la minaccia di appropriarsi dell’attività commerciale.

Nel pomeriggio, nel bar sarebbero tornati i gemelli Pistorio per riscuotere le somme di cui Salice sarebbe stato debitore per acquisire la gestione dell’attività imprenditoriale. Nonostante i fermi inviti della figlia ad andare via, loro restano: «Dov’è quel cornuto e sbirro di tuo padre? Esci fuori che noi siamo venuti a prendere il bar». La donna, che era pure incinta, in quella occasione ha denunciato di essere stata picchiata. Dieci giorni dopo, Fraschilla e Santapaola convocano Angelo Salice in un locale in via delle Medaglie d’Oro. «Ricordati che questo bar è della famiglia. Tu parli assai. Ti devi mettere a posto. Tu ti devi comportare bene, altrimenti t’astruppiamu (ti facciamo del male, ndr)». Questo il tono delle minacce rafforzate dall’eco di Santapaola che, secondo l’accusa, avrebbe fatto intendere di essere intervenuto nel suo ruolo di esponente di vertice della famiglia mafiosa. «Noi siamo e rimaniamo accanto a questa giovane donna che ha deciso di ribellarsi ai suoi estortori e di denunciare anche questo ennesimo episodio – sottolinea il presidente di Asaec – Non è stato facile, anche a causa delle violenze subite ma con forza, coraggio e dignità non ha mai abbassato la testa». 

Marta Silvestre

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