«Plata o plomo? Soldi o piombo?». Quando l’esponente del gruppo catenoto dei Santapaola, Mario Vinciguerra, inizia a collaborare con i magistrati, negli Stati Uniti doveva ancora essere messa in onda la prima puntata della celebre serie televisiva Narcos. Eppure, scorrendo le decine di pagine di verbali che formano uno dei pilastri portanti dell’inchiesta Aquilia, che mercoledì ha portato all’arresto di 18 persone, tra le quali l’ex deputato regionale Pippo Nicotra, c’è spazio pure per una scena che ricorda quelle che vedono protagonisti i narcotraficcanti guidati da Pablo Escobar.
Vinciguerra fa risalire l’episodio a una fase in cui l’allora reggente del gruppo mafioso di Aci Catena era sottoposto a regime di sorveglianza speciale. In ballo ci sarebbe stata la necessità di rifornire il territorio di stupefacenti, in particolar modo di cocaina. Droga che in quel momento scarseggiava nell’hinterland etneo, compresa la città di Catania. «La prendevamo dove capitava – dichiara il collaboratore di giustizia ai magistrati della Dda di Catania -. L’importante per me era il tipo e la qualità della cocaina. Poi chi me la dava non mi interessava. Io la prima cosa che guardavo era la qualità. Anche se per dire la pagavo, diciamo, mezzo punto in più, non ci facevo caso perché poi in qualche modo rientravo». Tra le quasi quattrocento pagine di ordinanza firmata dal gip Santino Mirabella, si trovano riferimenti a contatti calabresi ma anche a forniture provenienti dall’Albania e acquistate nel quartiere catanese di Picanello.
Ma la cosca si sarebbe spinta ben più in là, puntando direttamente alla cocaina prodotta e venduta dai narcos colombiani. E in questa storia avrebbe avuto un ruolo anche Nicotra, seppure nel racconto di Vinciguerra non è chiaro quanto il politico e imprenditore catenoto proprietario di diversi supermercati – oggi in mano al figlio – fosse stato consapevole dell’operazione. Un progetto ideato in collaborazione con un esponente dei Laudani, clan mafioso con cui i Santapaola nell’Acese sono in buoni rapporti. «Ricordo che vi era un problema di mancanza di droga di qualità a Catania – mette a verbale Vinciguerra -. Un tale Alessandro, soggetto vicino ai Laudani, aveva un contatto con un colombiano che a sua volta aveva la possibilità di procurarci della droga da altri colombiani in Spagna». Insieme ad Alessandro, che stando al collaboratore di giustizia in seguito si sarebbe trasferito in Brasile, sarebbe partito alla volta della Spagna anche Tiziano Cosentino, 37enne finito in manette nel blitz di mercoledì, e il contatto colombiano che avrebbe dovuto fare da tramite con i connazionali.
Il gruppo non sarebbe partito con le mani vuote, bensì con 180mila euro, somma che sarebbe servita a comprare la cocaina da rivendere ad Aci Catena. Proprio nella preparazione della contropartita economica sarebbe entrato in gioco Nicotra. «Raccogliemmo quindi 180mila euro – racconta sempre Vinciguerra – che abbiamo scambiato in banconote da cinquecento euro attraverso Nicotra e altri soggetti da noi conosciuti». Nonostante la cura nella pianificazione, la spedizione non va a buon fine. Tutt’altro: i siciliani, stando ai verbali del pentito, finiscono per restare fregati dai narcos. «Tiziano, Alessandro e il colombiano partirono per la Spagna – ricorda Vinciguerra -. Lì però furono truffati proprio dai colombiani che si presero i soldi senza consegnare la droga, e minacciando pesantemente Cosentino. Abbiamo così perso tutto il denaro». Quando i magistrati chiedono all’ex reggente dei Santapaola – arruolato nel gruppo criminale nel 1988 direttamente dal boss Nuccio Coscia – quale fu la reazione della cosca, Vinciguerra chiosa: «Non so se i Laudani abbiano poi posto in essere ritorsioni verso il colombiano. Noi non l’abbiamo fatto».
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