Ancora un rinvio per i fratelli Lombardo. L’eventuale archiviazione dell’accusa a loro carico di concorso esterno in associazione mafiosa si fa attendere. Si è tenuta oggi la seconda udienza richiesta dal giudice etneo Luigi Barone per approfondire gli aspetti di una vicenda nata dalla più vasta operazione Iblis e sfociata in una altro procedimento per il governatore siciliano Raffaele Lombardo e il fratello Angelo, deputato nazionale Mpa, per voto di scambio. Un approfondimento che potrebbe richiedere anche molto tempo, perché basato su un fascicolo di più di mille pagine, ma soprattutto un confronto tra le parti che difficilmente porterà a nuovi elementi. Accusa e difesa, infatti, sostengono la stessa linea: l’archiviazione.
Dopo una prima udienza organizzativa, lo scorso primo marzo, oggi hanno esposto la propria tesi l’accusa e parte della difesa. Per ascoltare le parole di Pietro Granata, difensore di Angelo Lombardo, bisognerà aspettare la prossima udienza, fissata per il 28 marzo. Poche le novità emerse nel corso del confronto, durato quasi tre ore e ancora una volta a porte chiuse. La procura di Catania, rappresentata dai sostituti Michelangelo Patanè e Carmelo Zucchero, ha chiesto ancora una volta che l’accusa venga archiviata. Troppo fragili gli elementi a carico di Raffaele e Angelo Lombardo, soprattutto alla luce della sentenza che lo scorso anno ha assolto in Cassazione per lo stesso reato l’ex ministro e senatore Calogero Mannino (sentenza rievocata recentemente dalla Cassazione nel rimandare alla corte d’appello il processo a carico di Marcello Dell’Utri). Due i momenti da chiarire: l’eventuale contatto tra i fratelli ed esponenti mafiosi per richiede aiuto elettorale e un contro-favore concreto, in termini di appalti o facilitazioni.
Contatti provati, secondo la procura, di cui si discute nel procedimento parallelo per voto di scambio. Contro-favori tutti da dimostrare invece. «La Procura ritiene che vi siano elementi di prova circa i rapporti tra gli onorevoli Raffaele e Angelo Lombardo ed esponenti di Cosa Nostra, finalizzati ad ottenere il sostegno dell’organizzazione criminale in occasione di competizioni elettorali, anche mediante finanziamenti provenienti dall’organizzazione e che si ritiene essere stati effettivamente erogati», spiega in una nota il procuratore capo, Giovanni Salvi. «A giudizio di questo ufficio continua – non vi sono invece elementi di prova sufficienti a ritenere che l’accordo suddetto si sia sostanziato in promesse concrete dei politici. Si attende serenamente la decisione del giudice su di una complessa questione di diritto che non intacca gli elementi di fatto, ma solo la loro valutazione in termini giuridici». «Non risulta provata neppure la richiesta da parte di Raffaele Lombardo – ribatte Guido Ziccone, legale del governatore – Inoltre i candidati a cui erano stati dati i voti non erano dell’Mpa ma di altro partito». L’avvocato si riferisce alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Francesco Jacona e Maurizio Di Gati, rispettivamente ex esponente di Cosa Nostra a Caltanissetta ed ex reggente della provincia di Agrigento. Testimonianze riportate anche durante la scorsa udienza del procedimento a carico dei Lombardo per voto di scambio. Audizioni che adesso il giudice Barone vuole acquisire per un ulteriore approfondimento.
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