La mafia dei pascoli alla sbarra. Si è conclusa con oltre un centinaio di rinvii a giudizio l’udienza preliminare dell’operazione Nebrodi, l’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Messina che ha a gennaio scorso ha acceso i riflettori su un sistema di truffe all’Agea su cui ruotavano gli interessi dei clan mafiosi della zona di Tortorici, sui monti Nebrodi. Il rinvio a giudizio è stato disposto dalla giudice per l’udienza preliminare Simona Finocchiaro nell’aula bunker del carcere di Gazzi. L’inizio del processo è stato fissato per il 2 marzo prossimo davanti al tribunale di Patti e per ragioni logistiche si svolgerà nell’aula bunker.
Stralciate alcune posizioni per difetto di competenza e inviate alla procura di Catania. Il fascicolo inizialmente contava 133 indagati e di questi quattro hanno deciso di patteggiare e altri sette di optare con il processo con rito abbreviato. L’accusa rappresentata dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio e dai sostituti Fabrizio Monaco, Francesco Massara e Antonio Carchietti, aveva chiesto il rinvio a giudizio. Tra le persone coinvolte figura anche Emanuele Galati Sardo, sindaco di Tortorici eletto ad aprile dello scorso anno. Il primo cittadino è finito nei guai nelle veste di gestore del Centro di assistenza agricola Liberi professionisti di Tortorici. Posto inizialmente agli arresti domiciliari Galati Sardo è tornato in libertà dopo due settimane grazie alla richiesta del suo legale, l’avvocato Nino Favazzo.
L’operazione
Nebrodi è scattata a gennaio con 94 arresti, 48 misure cautelari in carcere e 46 agli arresti domiciliari per associazione per delinquere di stampo mafioso, danneggiamento a seguito di incendio, uso di sigilli e strumenti contraffatti, falso, trasferimento fraudolento di valori, estorsione, truffa aggravata. Accertamenti condotti dai carabinieri del Ros hanno ricostruito il nuovo assetto del clan dei Batanesi operante nella zona di Tortorici e su una costola del clan Bontempo-Scavo. Dall’indagine sono emersi i rapporti con le cosche mafiose di Catania, Enna, e Cosa nostra palermitana. L’inchiesta ha scoperto che l’interesse principale dell’organizzazione mafiosa presente nel territorio era di ottenere contributi comunitari concessi dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. In particolare, gli investigatori hanno accertato, a partire dal 2013, la percezione di erogazioni pubbliche per oltre 10 milioni di euro.
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