Boss, gregari, prestanome e professionisti, come un avvocato finito ai domiciliari. Sono 28 gli arresti eseguiti dalla Guardia di finanza nell’ambito dell’Operazione Delirio, un’inchiesta sulle cosche mafiose palermitane coordinata dalla Dda del capoluogo. Nella rete sono finiti anche 19 indagati per i quali è stato disposto il divieto di dimora. Quattro, invece, gli arresti domiciliari: tra questi un noto penalista palermitano. Il nucleo di Polizia valutaria delle fiamme gialle sta inoltre eseguendo decine di perquisizioni e sequestri di società e immobili per diversi milioni di euro.
L’indagine ha consentito di far emergere il ruolo di Giuseppe Corona, boss emergente nei nuovi assetti di Cosa nostra orfana di Salvatore Riina, capace di riciclare fiumi di denaro. Fiumi di soldi sporchi guadagnati con il traffico di droga sono passati per le sue mani, considerato dagli inquirenti come il re del riciclaggio, in grado di ripulire denaro illegale e reinvestirlo in una attività lecita. L’indagine della Guardia di finanza fotografa la mafia del dopo Riina, clan in cerca di equilibri, nuovi capi e nuovi business. l penalista finito agli arresti domiciliari è Nico Riccobene.
Corona non è un insospettabile. Il suo nome spunta negli atti di un’inchiesta che, l’anno scorso, portò in carcere i vertici del clan mafioso di Resuttana da sempre guidato dai boss stragisti della famiglia Madonia. Condannato a 17 anni per un omicidio commesso dopo una banale lite per la restituzione di un braccialetto, figlio di un mafioso assassinato, di lui il capomafia Gregorio Palazzotto diceva «è mio fratello». I Madonia gli avrebbero affidato il loro tesoro, tanti soldi da ripulire, e le scommesse dell’ippodromo, poi sequestrato per mafia. Bar, tabacchi, immobili, Corona negli anni ha fatto molti investimenti. Col denaro delle cosche, secondo i pm.
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