È stato arrestato ieri a Heilbronn in Germania il latitante Antonino Falzone, pluripregiudicato ritenuto affiliato alla famiglia di Cosa nostra Santapaola-Ercolano. Falzone era ricercato dal settembre per associazione mafiosa finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsioni e alti reati. Per lui era stato già chiesto un mandato di cattura europeo dopo l’operazione Iddu dei carabinieri di Giarre che ha disarticolato il clan con a capo il boss Benedetto La Motta – detto Benito – referente della famiglia catanese Santapaola-Ercolano a Riposto e nelle zone limitrofe.
L’operazione che ha portato alla cattura di Falzone all’interno di una abitazione è stata condotta dalla polizia regionale del Land Baden Württemberg, con la collaborazione del servizio per la cooperazione internazionale di polizia e della Dia. Falzone, detto Ballune, è ritenuto un personaggio che ha avuto un ruolo importante nell’associazione. È il nipote – il figlio della sorella – di Grazia Messina, la moglie di Benito La Motta, anche lei tra i 21 arrestati di settembre. Quando lo zio finisce è in carcere (negli ultimi 31 anni, a partire dal 1987, Iddu è entrato e uscito otto volte), pur non perdendo il controllo di ciò che avviene oltre le sbarre, avrebbe lasciato il posto alla moglie e al nipote.
Del resto, stando a quanto ricostruito durante le indagini, il giovane avrebbe già dato prova di essere in grado di portare avanti diverse questioni: nel dicembre del 2017, insieme allo zio, va in una pizzeria a riscuotere i soldi (200 euro) di un’estorsione. Due mesi dopo, con Iddu che intanto è tornato in carcere, la pizzeria subisce una rapina. E succede «un manicomio che è controproducente per noialtri. Non puoi andare più neanche a fare la pipì, al bar a prendere il caffè. “Qua manca il gatto e tutti ballano?“». La preoccupazione è che in assenza del patrozzo Benito qualcuno pensi di potere avanzare sul territorio e anche che, se non avessero saputo della rapina, sarebbero andati a riscuotere il pizzo dal proprietario.
Quella rapina è una azione che non può restare impunita. La mente della spedizione punitiva è la zia, il braccio è il nipote. «U strurpiai bonu (Gli ho fatto molto male, ndr) – risponde Falzone a Messina – Si è pisciato tutto addosso, cornuto e sbirro che è». Oltre a picchiarlo selvaggiamente, Falzone racconta di avere anche minacciato l’autore della rapina: «Non ti azzardare più. Se c’era mio zio, a quest’ora era da tempo che eri morto, scemo». Lo zio non c’è ma, per gli inquirenti, avrebbe lasciato un valido sostituto scontento però solo di non essere riconosciuto fuori dal proprio territorio.
Quando nel periodo di Carnevale viene allontanato, perché ubriaco, da una discoteca di Milazzo (in provincia di Messina) dagli addetti alla sicurezza, decide di vendicarsi. In macchina impugna la pistola e a dissuaderlo a usarla è la donna che si trova con lui, la moglie di suo fratello. «Gli sparo addosso a tutti quanti. A Riposto comando io, devono calare tutti subito». Invece di agire da solo, l’idea è di convocare i suoi adepti per vendicarsi. La donna prova a convincerlo a posare l’arma: «Ascolta, o ti fermi o ti sparo in una gamba a te. Ti sparo veramente, nelle ginocchia».
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