L’ingerenza della mafia negli appalti e nelle forniture di materiali. Questo uno dei capitoli più caldi dell’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo sul mandamento di Lucca Sicula e Ribera, in provincia di Agrigento, che la scorsa settimana ha fatto scattare sette misure cautelari a fronte di 17 persone indagate. Sotto la lente d’ingrandimento dei magistrati sono finiti i lavori – valore quasi tre milioni di euro – per il completamento della rete fognaria a Ribera e i cantieri per la manutenzione delle strade provinciali 32 e 47. A finire nel registro degli indagati, ma non destinatario di misure cautelari, è stato anche l’imprenditore etneo Antonio Rosario Fresta, cugino dell’attuale presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili (Ance) di Catania (quest’ultimo non coinvolto nella vicenda e non indagato). Fresta, come si legge nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Filippo Serio, è accusato di favoreggiamento aggravato. Secondo la tesi dei pm, l’imprenditore avrebbe aiutato il 54enne Giuseppe Maurello «a eludere le investigazioni dell’autorità giudiziaria». Il caso è quello che riguarda le sue dichiarazioni sulle presunte forniture di pietrisco durante i lavori urgenti nella strada di collegamento Bivio Imperatore-Ponte Pedano.
Un subappalto, risalente al mese di settembre del 2021, che si sarebbe accaparrato Maurello, ritenuto dai magistrati inserito nella famiglia mafiosa di Lucca Sicula e vicino al capo mandamento 64enne Salvatore Imbornone. Per i carabinieri del comando provinciale di Agrigento, Maurello si sarebbe occupato dei carichi sia personalmente che concordandoli con Giuseppe Privitera, dipendente dell’azienda di Fresta. Altri tasselli, secondo la tesi accusatoria, sarebbero una serie di contatti telefonici con il capocantiere Giovanni Sorbello. il 17 marzo del 2022 i militari documentano, per esempio, le fasi di estrazione e carico di pietrisco da parte di Maurello in un camion della ditta dell’imprenditore etneo. Il presunto rapporto di lavoro, però, non sarebbe filato sempre liscio. Come sarebbe avvenuto a fine settembre 2021. «Quello se n’è andato da un’altra parte… Questa mattina aggiurnò accussi (si è fatto giorno così, ndr)», si lamenta Maurello con il presunto uomo d’onore di Favara Francesco Caramazza. «Non è che questa settimana devi andare a Catania?», chiede il presunto fornitore di pietrisco alludendo forse a un viaggio in direzione del capoluogo etneo per riuscire a definire la vicenda. Il discorso torna d’attualità qualche giorno dopo. A parlare è sempre Maurello ma, questa volta, l’interlocutore è Privitera: «Che ne so che minchia gli è passata allo zu Giovanni». Quattro giorni dopo, però, le forniture sarebbero ricominciate dopo una chiamata da parte del capocantiere: «Che lo può scendere un camion di pietre?», chiede Sorbello a Maurello.
Il ritmo degli eventi viene scandito anche da un sopralluogo che Imbornone in persona avrebbe compiuto nell’area dei lavori stradali. Ed è proprio in questo frangente che il capocantiere avrebbe deciso di chiamare Maurello: «Sta passando una macchina che non mi è piaciuta, una Golf scura con due persone che non mi sono piaciute. Si sono messi a guardare». Queste parole, secondo il giudice, attribuirebbero al fornitore di pietrisco anche il ruolo di guardiano o, comunque, di garante della sicurezza all’interno del cantiere «derivante dal riconosciuto ruolo mafioso», puntualizza il giudice nell’ordinanza.
Agli investigatori, quando viene convocato, Fresta racconta di essere stato lui a occuparsi in prima persona di individuare i fornitori. Per quanto riguarda il pietrisco, l’imprenditore non indica il nome di Maurello ma quello della ditta Edil Scavi e dell’estrattore Cammarata Spadaro di Bivona, sempre in provincia di Agrigento. Versione che, secondo i magistrati, verrebbe smentita dalle intercettazioni telefoniche in cui veniva chiesta proprio a Maurello una fornitura di materiale: «Lei può portare un camion di misto?», domanda l’imprenditore in un dialogo risalente al giugno del 2022. «Le dichiarazioni di Fresta – aggiunge il giudice – venivano ulteriormente smentite da quelle rese dal capocantiere Sorbello».
Riceviamo e pubblichiamo:
In riferimento all’articolo pubblicato, il presidente Ance Catania Rosario Fresta ci tiene a precisare quanto segue: «Non si comprende perché l’Associazione e il sottoscritto siano stati ripresi nel titolo dell’articolo, in considerazione del fatto che la persona in questione è un lontano parente (non è cugino di primo grado) ed è titolare di un’impresa che non è iscritta ad Ance Catania. Il sottoscritto, completamente estraneo alla vicenda, inoltre, non ha alcun rapporto professionale con l’omonimo citato nel pezzo. Sembra pretestuoso e fuori luogo inserire il riferimento all’Associazione dei costruttori edili di Catania».
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