Mafia a Messina, alloggi di Romeo venduti al Comune Il dipendente avrebbe aggiustato la gara per sdebitarsi

Salvatore Parlato sarebbe stato l’uomo del clan Romeo-Santapaola all’interno del Comune di Messina. E grazie a lui Vincenzo Romeo, nipote di Nitto Santapaola, sarebbe riuscito a vendere 14 alloggi al Comune. È un altro tassello del business di quella che la Procura di Messina definisce «la nuova mafia» in riva allo Stretto. «Parlato – scrivono i magistrati – turbava la procedura di acquisto sul libero mercato di alloggi da assegnare in locazione ai cittadini aventi diritto e che abitano all’interno delle 95 baracche nella zona di Fondo Fucile». 

L’architetto Salvatore Parlato, dipendente dell’ufficio Urbanista del Comune è tra le otto persone che sono state arrestate dai carabinieri del Ros, nell’ambito dell’operazione Beta 2. Già nell’operazione Beta dello scorso anno erano emerse le strategie per alterare la gara, indetta nel 2014 da palazzo Zanca, per l’acquisto degli alloggi sul libero mercato. 

Secondo la Procura, Parlato avrebbe agito insieme a Raffaele Cucinotta (altro dipendente dell’ufficio Urbanistica) e con il tramite di Stefano Barbera (fedelissimo di Vincenzo Romeo e coinvolto nella prima operazione Beta), per consentire alla ditta privata XP immobiliare srl – gestita di fatto dall’imprenditore Biagio Grasso (poi determinante nel collaborare con gli inquirenti) e da Romeo – di risultare aggiudicataria all’esito della procedura. I dipendenti comunali avrebbero riferito «notizie riservate sulla gara; promuovevano prolungamento del termine di presentazione delle offerte e intervenivano per evitare l’esclusione della ditta dalla gara in presenza di presupposti che ne avrebbero impedito la valida partecipazione».

A incastrare Parlato ci sono le dichiarazioni dell’imprenditore Grasso, che ha raccontato l’interesse suo e di Vincenzo Romeo di partecipare alla procedura bandita dal Comune. Come scrive il gip «emergono subito le due facce con cui l’associazione si presenta. Da un lato un’impresa pulita, aliena da violenze (sono passati decenni del mafioso mero estortore di imprese altrui) e dall’altro utilizzando mezzi illeciti costruttivi».

In un’intercettazione del 3 settembre 2014, già inserita nell’ordinanza Beta, a suggerire ai Romeo il nome di Parlato sarebbe stato il collega Cucinotta.  Barbera chiede a Romeo se secondo lui Parlato sarebbe stato disponibile: «E lui lo fa?». «Certo che lo faLui tutte cose fa», afferma Romeo. «Certo, pagando s’intende», ipotizza Barbera ridendo. «Certo», conferma Romeo.

L’offerta di Rd immobiliare finisce al vaglio proprio di Parlato, che sorvola sul fatto che l’immobile non avesse i requisiti previsti (la piena titolarità) e quindi avrebbe dovuto essere esclusa. Il 6 novembre 2014 il dipartimento stila la graduatoria. E la società di Grasso e Romeo si aggiudica la vendita di 24 appartamenti. Ma una settimana dopo dal Comune arriva una nota che invita l’amministratore di Rd immobiliare srl a sottoscrivere il preliminare di vendita al Comune, ma solo per 14 appartamenti. Quelli che sarebbero stati realmente pronti all’uso. 

A spiegare il perché Parlato si sia offerto di agevolare il gruppo è ancora Grasso. «Una volta con Francesco Romeo e il figlio Vincenzo andammo presso l’ufficio dell’architetto Parlato che gestiva l’ufficio del Risanamento. Francesco Romeo si salutò con Parlato, i due si conoscevano già e chiese di fare aggiudicare il bando». Il dipendente sarebbe stato in debito con Francesco Romeo che, secondo quanto riferito a magistrati da Grasso, era intervenuto in suo favore per una richiesta di pizzo subita dall’attività commerciale formalmente riferibile al figlio Cristian. Avevano trovato una bottiglietta con del liquido infiammabile davanti al cancello dell’agriturismo a Castiglione di Sicilia. E c’era anche un biglietto con su scritto «Cercati un amico». A quel punto Parlato avrebbe chiesto l’intervento di Romeo per evitare la messa a posto.

Simona Arena

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