Maesano in libertà, magistrati ricorrono in Cassazione Per la procura pure Barbagallo deve stare in carcere

Com’era prevedibile, il dibattito sulla Spazzacorrotti finirà in Cassazione. La procura generale di Catania fa ricorso contro la scarcerazione di Ascenzio Maesano e Orazio Barbagallo. La corte d’Appello, nei giorni scorsi, aveva accolto l’istanza dei legali dell’ex sindaco di Aci Catena e del funzionario comunale per chiedere di rivedere l’ordine di detenzione emesso a febbraio, dopo l’entrata in vigore della legge che impedisce ai condannati in via definitiva, per reati contro la pubblica amministrazione, di accedere a misure alternative al carcere

Il caso di Maesano e Barbagallo – entrambi condannati, il 10 gennaio scorso, a poco meno di tre anni per essersi intascati una mazzetta da 20mila euro – ha aperto una disputa sull’applicabilità retroattiva della legge voluta dal Movimento 5 stelle. Nello specifico il nodo riguarda la tempistica dell’ordine d’esecuzione della pena: per la corte d’Appello, che ha accolto le osservazioni degli avvocati difensori Enzo Mellia e Orazio Consolo, esso coincide con il momento in cui la sentenza diventa definitiva. Di conseguenza, per le modalità di esecuzione della pena, bisognerebbe rifarsi alla disciplina in vigore in quella data. Niente carcere dunque, considerato che la Spazzacorrotti è entrata in vigore il 31 gennaio, bensì Maesano e Barbagallo avrebbero diritto a chiedere misure alternative, come l’affidamento in prova ai servizi sociali. 

Per la procura generale, guidata da Roberto Saieva, le cose però non stanno così. Nel ricorso si cita una serie di decisioni prese già dalla Cassazione da cui si evincerebbe la necessità di applicare anche per l’ex primo cittadino catenoto e l’ex responsabile del settore finanziario del Comune la nuova legge. «ln tutti i casi sottoposti all’attenzione del Supremo Collegio, l’elemento che è stato prescelto come spartiacque per decidere l’applicabilità in questa materia di norme sopravvenute più restrittive – si legge nel ricorso – non è stato mai quello della data del passaggio in giudicato della sentenza, quanto piuttosto quello della cosidetta “situazione esecutiva esaurita”, individuandosi tale momento di chiusura nell’avvenuta decisione sul tema della misura alternativa da parte del tribunale di sorveglianza». 

A sostegno della propria tesi, cioè che il momento dell’esecuzione della pena non coincide con la sentenza definitiva, la procura generale fa un altro esempio. «Basta pensare al fatto che, in assenza di un ordine di esecuzione a pena detentiva, il condannato non può essere ristretto in carcere anche se si dovesse presentare spontaneamente in un istituto penitenziario chiedendo di dare inizio all’esecuzione di una condanna divenuta definitiva». Per sapere, dunque, se Maesano e Barbagallo potranno ambire a scontare il resto della pena fuori dal carcere o se invece dovranno tornare dietro le sbarre bisognerà attendere il pronunciamento dei giudici ermellini. 

Simone Olivelli

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