Madre Terra, nelle Madonie rinascono i grani antichi «Il gusto di far riscoprire il sapore della tradizione»

Solo semi antichi macinati in maniera tradizionale senza l’aggiunta di sostanze chimiche. Potrebbe essere questa la ricetta per spezzare il meccanismo che fa lievitare, anche di dieci volte, il prezzo dal grano al pane con un prodotto a volte scadente. Una speculazione legata soprattutto alle importazioni selvagge di pagnotte e panini spacciati come italiani, all’insaputa dei consumatori e con prodotti di bassa qualità, come ha denunciato oggi la Coldiretti, in occasione della Giornata nazionale del Grano italiano. Una rivoluzione per riscoprire prodotti genuini, con farine antiche certificate e produzioni naturali. Esattamente come accade a Gangi, nel cuore delle Madonie, grazie all’intraprendenza di Giuseppe Dondarrà, un giovane agricoltore di 45 anni decisamente fuori dal coro. 

Cinque anni fa, infatti, ha costituito la cooperativa biologica Madre Terra – convertendo i 60 ettari dell’azienda di famiglia oggi divisi tra pascolo e campi destinati alla produzione di 500 tonnellate di grano all’anno – per coltivare qualità antiche siciliane dure come il Nero delle Madonie, (per il quale è stato depositato il brevetto), il Senatore Cappelli, la Tumminia, o tenere come la Maiorca. I semi raccolti vengono poi moliti a pietra per preservare tutte le proprietà organolettiche. Una viaggio alla riscoperta delle nostre origini in barba a una concorrenza spesso feroce, come spiega bene Giuseppe produttore Coldiretti: «Il grano normale viene venduto a circa 20 centesimi, il biologico a 10 centesimi in più mentre le qualità antiche hanno prezzi elevati: dai 60-70 centesimi a un euro». Nell’Isola si coltivano 52 varietà di semi, ma non sempre il pane venduto corrisponde a ciò che viene promesso.

«Molti panificatori – prosegue – usano solo una piccola parte di questi farine, dal 10 al 30 per cento, per poi spacciare il pane come prodotto interamente con grani antichi. Così finiscono per avere mercato di nicchia e gli agricoltori hanno molte difficoltà a produrlo e venderlo, e ciò si riflette anche sul prodotto da forno». A meno che non decidano, coraggiosamente, di chiudere la filiera proprio come ha deciso Dongarrà. «Ho comprato un mulino di pietra e un piccolo forno – afferma orgoglioso – e a settembre saremo pronti per lanciare la produzione interamente curata da noi». Una scelta al termine di vari numerosi tentativi costellati spesso di fallimenti: «Ho provato ad affidarmi ad altri e in tre anni ho cambiato 16 forni ma alcuni miscelavano l’impasto, altri non erano in grado di farlo. Così ho deciso di fare da solo».

Dal grano della cooperativa si produce già pasta con il marchio Trinacria assieme al Pane Nero delle Madonie, anche questo un marchio registrato. «Spesso si abusa di questa parola e le persone lo ignorano, ma molti problemi derivano da una cattiva alimentazione – sottolinea – Fortunatamente la mentalità sta cambiando. In molti si informano e cercano prodotti genuini. Una farina da evitare è quella doppio zero, troppo raffinata: al 90 per cento si ricava da grani canadesi: può costare anche solo 8 centesimi perché a volte contiene tracce di glifosato», una diserbante al centro di un aspro dibattito in campo medico, bandito da alcuni Paesi perché ritenuto nocivo per la salute.

«Da noi tutto i prodotti sono naturali, persino il lievito è quello madre o screscente», prosegue Giuseppe che non solo vuole produrre prodotti sani ma anche diffondere il più possibile questo sapere. Assieme al primo Percorso sensoriale e didattico tra grani antichi e ambienti incontaminati inaugurato due anni fa, ha lanciato anche un gruppo Facebook per permettere a chiunque di condividere le proprie esperienze e ampliare conoscenze in questo campo: «Ogni persona può unirsi liberamente e chiedere consigli sulle farine e le ricette migliori da utilizzare – conclude -, l’unico requisito richiesto è l’uso di grani antichi, biologici e moliti a pietra».

Antonio Mercurio

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