Ma cu tu fici fari, ecco la Palermo vista dagli altri La storia di Danila, da Napoli ad ancora più a sud

Ventinove anni e una vita precaria: studi, sacrifici e una professione difficile, quello di educatrice e psicoterapeuta che insegue con passione e dedizione. Danila è nata e cresciuta a Napoli ma ad un certo punto della sua vita, molto presto in realtà, ha sentito la necessità di scendere ancora più a Sud e più precisamente a Palermo. «La prima volta che sono venuta qui avevo sedici anni – racconta Danila – e Palermo mi è subito piaciuta moltissimo, mi sono proprio innamorata. Dopo qualche anno ho sentito il bisogno di fare una scelta di autonomia. Sentivo che il mio tempo a Napoli era finito e dopo la laurea ho scelto Palermo».

Danila è da sempre professionalmente vicina al mondo delle periferie e ai percorsi educativi, a Napoli era già impegnata in una serie di attività con Arci Ragazzi quindi una volta a Palermo è stato facile inserirsi in un nuovo gruppo di lavoro. «Tramite l’Arci Ragazzi è stato facile trovare una realtà dove poter fare un tirocinio post laurea nel mio settore. Poi ho cominciato a lavorare qui, all’inizio è stata dura perché facevo sempre lavori sottopagati, sempre nel mio settore ma davvero pagata pochissimo però ero molto decisa a rimanere. Poi sono arrivate le attività a Borgo Nuovo, il volontariato e la partecipazione a mille progetti. A Palermo ho capito davvero cosa vuol dire infanzia e educazione nelle periferie, devo tantissimo a questa città perché professionalmente mi ha dato davvero tanto».

Un lavoro difficile e una città dove, nonostante l’urgenza e la necessità di figure professionali come la sua, si fa fatica a trovare un lavoro adeguatamente remunerato nel sociale. Ma a Danila non piace vincere facile e da cinque anni vive in questa città, lottando insieme agli altri per costruire il proprio futuro. «Dopo l’università ho cominciato a costruire il mio futuro da qui, tre anni fa ho scelto di voler investire ancora sulla mia professione e specializzarmi in psicoterapia e ho scelto l’analisi di gruppo. A Palermo ho trovato una scuola di specializzazione eccellente, adesso sono al terzo anno e a breve concluderò il percorso».

Piccoli passi inseguendo la stabilità lavorativa. E’ la storia della stragrande maggioranza dei trentenni, che in molti però da questa città sono fuggiti pensando di poter avere migliori opportunità fuori dall’isola, eppure la storia in controtendenza di Danila sembra raccontarci il contrario. Certo questa è un percorso di resistenza, di tenacia, impegno e volontà e non a tutti può essere chiesto di diventare eroi per trovare un lavoro, però c’è chi ce la fa. «Adesso sono molto contenta dal punto di vista lavorativo, a settembre vorrei aprire uno studio di psicoterapia, perché penso che in questo lavoro sia fondamentale avere un luogo fisico dove accogliere le persone.Dopo l’estate, avrò il mio primo contratto con l’associazione Per Esempio Onlus, che promuove insieme all’ong WeWorld Onlus un interessante progetto contro la povertà educativa a Borgo Vecchio. Mi sento davvero felice per questo, significa molto in termini di serenità e stabilità».

Se le chiedi se le manca Napoli ti dice che qui ha imparato a guardare il mare senza il Vesuvio, ma per lei «questa è la terra dell’anima. Resto napoletana perché Napoli mi manca in un modo che non si può spiegare ma qui la mia qualità della vita è aumentata. Io qui sono riuscita a venire a vivere da sola, molto giovane, all’inizio con uno stipendio davvero molto basso. A Napoli il costo della vita è più alto, soprattutto dell’affitto». Ma vivere a Palermo non è soltanto una scelta di natura meramente economica. «Amo questa città per i vicoli e le luci gialle della notte – racconta accorata, in quel modo toccante e un po’ melodrammatico che solo i napoletani riescono ad avere – per il vostro dialetto che mi diverte da morire, e perché Palermo è Sud. Mi affascina questa multietnicità conturbante e l’idea di isola. Certo questo è un po’ il bello e il brutto della vostra terra, perché qui per programmare un viaggio ci devi pensare un mese prima, altrimenti i biglietti aerei costano troppo. Quando ero a Napoli era più facile spostarmi e viaggiare, ma questo è anche il fascino di abitare su un’isola».

Palermo e Napoli non sembrano a un occhio esterno città così diverse, eppure Danila racconta di subire un fascino particolare per una città che più che mediterranea si conferma essere araba sotto molti aspetti. «Qui ho dovuto imparare a relazionarmi con le persone in modo un po’ diverso. A Napoli parliamo tantissimo usando il corpo, qui si parla tanto con lo sguardo, soprattutto le donne e trovo gli uomini siciliani più riservati di quelli Campania. Tendenzialmente i siciliani ci mettono un po’ di più a fidarsi, ma poi ti danno il cuore. Mi sono dovuta abituare a queste piccole cose nel corso degli anni e ad essere chiamata Napoli. Al centro anziani di Borgo Nuovo io non ero Danila, ero Napoli, come se rifiutassero il mio nome. Ma anche a lavoro essere di Napoli è una carta importantissima per me, l’altro giorno ho sedato una mezza rissa mettendomi a cantare una canzone neomelodica in una classe di ragazzi abbastanza agitati. Ho dovuto imparare tutto un repertorio nel corso degli anni, perché a volte è utile per stabilire un contatto con alcuni ragazzi con cui lavoro. Questo vantaggio a Napoli non avrei potuto averlo».

Alice Sagona

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