M5s tra crisi e sardine, i timori dei big siciliani «La pausa di riflessione servirebbe a Di Maio»

«Un movimento politico o un partito con questa significativa rappresentanza parlamentare non può permettersi una pausa elettorale di riflessione. Non può permettersi un periodo di fermo biologico come per il ripopolamento delle sardine». L’ironia è involontaria e all’altro capo del filo scappa da ridere anche a Giorgio Trizzino, deputato nazionale eletto a Palermo nelle file del Movimento 5 Stelle. Trizzino da tempo non cela il sostegno politico e ideologico all’alleanza col Pd, «la più naturale – la definisce – per il movimento».

Dopo che i vertici, Di Maio in primis, sono stati per la prima volta bocciati dalla base con il voto sulle Regionali in Emilia e Calabria sulla piattaforma Rousseau, Trizzino ammette che non si sarebbe dovuto porre il quesito e che «il movimento deve iniziare a usare un linguaggio meno demagogico e populista. Spetta al Movimento – aggiunge – interpretare un nuovo linguaggio, come stanno facendo con spontaneità questi ragazzi che riempiono le piazze italiane». Il riferimento è alle sardine, che ieri pomeriggio sono sbarcate a Palermo, in piazza Verdi. Anche Trizzino è voluto andare in mezzo a loro, «non voglio fare mancare la presenza, è un movimento spontaneo, come lo è stato all’inizio quello dei Cinque Stelle».

La pausa, insomma, non ci sarà. A deciderlo sono stati i circa 27mila elettori che si sono espressi a favore della presentazione delle liste nelle due Regioni chiamate al voto a gennaio. La riflessione, in compenso, ci sarà, eccome. È un Movimento che esce comunque indebolito, con una leadership messa in discussione e in piena campagna elettorale per l’elezione dei Facilitatori, i dodici «apostoli» che dovrebbero affiancare il leader nazionale nei singoli settori dell’amministrazione. Figure che non convincono l’europarlamentare Ignazio Corrao: «Non vedo traccia concreta di un vero percorso di rigenerazione o di shock necessario a rilanciare il sogno del MoVimento. Inutile dire che questa cosa dei facilitatori, che sono perlopiù deputati, serve a poco o nulla, può essere utile a migliorare qualche comunicazione interna ma non incide minimamente in quelle che sono le problematiche profonde del M5S».

Ambisce invece a fare parte del «board nazionale» anche l’altro Trizzino, il deputato regionale Giampiero, impegnato proprio in questi giorni tra il Centro e il Nord Italia per promuovere la sua candidatura a facilitatore per i temi ambientali. L’ex presidente della Commissione Ambiente all’Ars ammette di non avere votato su Rousseau, proprio perché impegnato in giro per l’Italia, ma riconosce anche che «il fatto che abbiano votato in pochissimi non è un bel segnale, il trasporto degli attivisti lo vedi anche dalla voglia di partecipare». Trizzino crede che «per una questione di correttezza il quesito si sarebbe dovuto rivolgere soltanto agli attivisti di Emilia Romagna e Calabria», ma in ogni caso ritiene che la Sicilia faccia storia a parte e continua a percepire solido nell’Isola tanto il Movimento, quanto la leadership di Giancarlo Cancelleri.

Di tutt’altro avviso, invece, il senatore Mario Giarrusso, convinto che il voto sulla piattaforma Rousseau sia stato un segnale «di estrema debolezza e soprattutto di estrema confusione. Sinceramente – ammette a Meridionews – trovo assurda la richiesta di una pausa di riflessione. Ritengo invece che dovrebbe farla Di Maio, che non è più lucido e sta conducendo movimento al disastro». 

Ma i siciliani, come hanno votato sulla piattaforma? Hanno mantenuto la linea della fedeltà a Di Maio o hanno contribuito alla pubblica sconfessione? «Non è dato saperlo – attacca ancora Giarrusso – i dati sulla piattaforma sono fuori dal controllo, tanto degli attivisti, quanto dei portavoce. È evidentemente un problema, che va risolto insieme a quello dell’uomo-solo-al-comando: è l’uomo-solo-piattaforma».

Insomma, nessun dato e nessuna contezza su come si siano espressi i siciliani sulla pausa di riflessione «ma posso assicurarle che dai feedback ricevuti – aggiunge -, la gente è rimasta sconcertata dal quesito, ma anche dal poco preavviso e dalla scarsa divulgazione. In molti non lo hanno proprio saputo che si votava. Se ci riflette è un paradosso, per un movimento nato proprio con l’obiettivo di far partecipare la gente».

Miriam Di Peri

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