A colpi di comunicati stampa, in attesa delle carte bollate. La vita da separati in casa dei deputati regionali del Movimento 5 stelle va avanti così. E il distanziamento sociale, in questo caso, non ha nulla a che vedere con il Covid, anche se quello che ormai da mesi ha minato il rapporto del gruppo pentastellato all’Ars, un po’ a un virus, ci somiglia. Dopo la nota di domenica scorsa a firma di Angela Foti, Elena Pagana, Matteo Mangiacavallo, Valentina Palmeri e dell’ormai ex Sergio Tancredi, in cui si prendevano le distanze dall’agire dei colleghi di partito specialmente nella risoluzione delle beghe interne – su tutti l’espulsione di Tancredi -, arriva oggi la replica degli altri 15.
Quella degli ortodossi, ovvero coloro che rivendicano di essere rimasti opposizione senza avere mai prestato il fianco alle speculazioni del centrodestra, è una prese d’atto. «Per i portavoce Foti, Mangiacavallo, Pagana e Palmeri è venuto meno – si legge – il desiderio di far parte del gruppo cinquestelle. Bene, anzi male, anche se, per la verità, i segnali in questo senso si protraggono ormai da tantissimo tempo, persino nelle votazioni in aula». Da parte dei firmatari anche la precisazione per cui non si sarebbe mai trattato di «votazioni confezionate su dei no a prescindere, come i cinque deputati vogliono far credere».
Come in ogni rapporto in cui si attende soltanto di trovarsi davanti l’avvocato – in questo caso a recarsi da un notaio saranno presto i cinque scissionisti pronti ormai a fondare un nuovo gruppo all’Ars, con tanto di dichiarazione d’intenti politica, a dimostrazione che non si tratta soltanto di beghe di bottega – le accuse vanno in profondità. «Nella vita, si può cambiare idea e, chi vuole, anche partito. Ma si deve avere l’onestà intellettuale di riconoscerlo, senza appigliarsi a scuse o, addirittura, cercare di rigirare la frittata, accusando noi di “goffi tentativi di imitazione dei partiti che prima ci proponevamo di smantellare”».
Sul chi abbia tradito chi la partita resta comunque aperta. Da parte degli ortodossi la convinzione è che Foti e soci da tempo tramino con il governo Musumeci, ricevendo anche come premio l’elezione della deputata acese a vicepresidente di sala d’Ercole. Per gli scissionisti, invece, più che di purismo i colleghi si contraddistinguerebbero per una sudditanza – per molti inspiegabile – nei confronti del Partito democratico. E sul punto torna alla mente l’aneddoto riguardante la bocciatura dell’emendamento presentato da Foti (ma anche dal capogruppo Giorgio Pasqua, che poi ha votato contro se stesso) per evitare che i 7,5 milioni di euro per la discarica di Bellolampo fossero uno stanziamento a fondo perduto e non un prestito.
A mancare non sono anche i colpi bassi, come quelli riguardanti i problemi economici che sarebbero – a detta del diretto interessato – all’origine della mancata restituzione delle indennità da parte di Tancredi. «È vero che ha avuto delle difficoltà. È anche vero, però, che il gruppo lo ha aiutato con grande senso di amicizia e solidarietà e che lui ha ignorato totalmente i continui cartellini gialli che gli arrivavano dal Movimento nazionale per le mancate restituzioni. Non c’è stato da parte sua il minimo segnale di collaborazione», attaccano i quindici deputati.
E alla fine quindi non resta che sperare che il divorzio arrivi il prima possibile. Anche se, nel caso specifico, non ci sarà verso di cambiare casa. Tutti e venti deputati non potranno fare a meno di restare sotto lo stesso tetto di palazzo dei Normani per almeno i prossimi due anni. Con la consapevolezza, peraltro, che prima o poi il distanziamento sociale dovuto al Covid-19 verrà pure meno.
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