«Ha ragione Luigi Di Maio, le espulsioni dal Movimento 5stelle conseguono alla condanna in primo grado. Tuttavia, i deputati regionali della Sicilia Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio dovrebbero essere espulsi dal Movimento, in quanto hanno confessato d’aver partecipato alla vicenda delle firme per le ultime comunali di Palermo». I deputati nazionali Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Claudia Mannino, coinvolti nell’inchiesta che riguarda le scorse amministrative nella città di Palermo, con lo stesso Nuti candidato sindaco, non vanno troppo per il sottile e chiedono la rimozione dei colleghi regionali, come loro sospesi dal partito di Grillo. «Che abbiano assunto il ruolo di accusatori non elimina le responsabilità penali che i due hanno ammesso apparendo all’opinione pubblica come paladini e dunque estranei».
Secondo i tre, l’ammissione di colpevolezza di La Rocca e Ciaccio, cozzerebbe con la linea intrapresa da Nuti, Di Vita e Mannino, che invece proclamano la propria innocenza e l’estraneità ai fatti. «Finora l’attenzione si è concentrata soltanto sulla nostra difesa, sul presupposto, sospinto a modo, che sottoporci a interrogatorio e saggio grafico dopo aver conosciuto le accuse rivolteci fosse indice di colpevolezza e quindi di tradimento dell’etica 5stelle. Abbiamo agito nel nostro diritto e col dovere di tutelarci, collaborando con la magistratura cui abbiamo fornito elementi concreti che smontano le accuse di La Rocca e Ciaccio, i quali autosospendendosi hanno evitato provvedimenti disciplinari del Movimento».
«La nostra sospensione – chiariscono i deputati nazionali – è stata invece deliberata dai probiviri, i quali ci hanno contestato una scelta difensiva che poi ci ha permesso di smontare le accuse di La Rocca e Ciaccio sulla presenza, nel primo pomeriggio, di Di Vita alla riunione del misfatto. Di Vita ha infatti provato con documenti la sua assenza pomeridiana a quella riunione, contraddicendo la versione fornita ai magistrati dagli accusatori. Si badi, la nostra sospensione non è derivata dal procedimento penale in corso né ha riguardato, come invece si è sostenuto in malafede, il nostro ruolo di parlamentari». E sulla perizia calligrafica effettuata dai periti forensi: «È chiarissima per La Rocca, riconoscendo la corrispondenza delle lettere di un’intera parola. Nel caso di Nuti essa esclude qualsiasi compatibilità e nel caso di Di Vita e Mannino non perviene ad alcuna certezza di compatibilità».
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