M5s, Corrao lascia e lancia accuse di tradimento «Non è più movimento delle origini. Tante opacità»

Quasi 43mila caratteri. Lasciarsi non è semplice, si prende tempo e ci si illude di riuscire a raddirizzare le cose. Nel caso però di Ignazio Corrao, l’addio al M5s è netto e il lunghissimo post Facebook a cui ha affidato le proprie motivazioni ha semmai l’effetto di fare venire a galla i malesseri che a più latitudini – quelle sicule incluse – agitano la quotidianità di un partito che si trova a vivere la fase più delicata della sua vita: al governo, con un consenso drasticamente ridotto rispetto agli anni dell’opposizione e all’orizzonte il gigantesco iceberg della fine del secondo mandato. «L’aria dentro è irrespirabile da mesi e gli spazi di confronto interno del tutto azzerati», scrive l’europarlamentare alcamese quasi alla fine di uno scritto in cui ripercorre l’esperienza all’interno del Movimento 5 stelle, da prima dei V-day quando «giravo il mondo e avevo una voglia matta di cambiarlo». 

Da allora il M5s e Corrao di strada ne hanno fatta. Il primo è riuscito ad attirare il consenso delle folle, con la promessa di aprire le istituzioni come scatolette di tonno, il secondo sulla scia della fiducia creata attorno alle figure di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio è stato tra quelli che si sono ritrovati catapultati nei palazzi del potere europei. La prima elezione a Bruxelles nell’aprile 2014. «Sono il più votato e il primo capodelegazione, entriamo nelle istituzioni e ci battiamo contro il tarallucci e vino dell’establishment, portiamo fuori dati, documenti, battaglie. Ci facciamo conoscere e apprezzare. Sembrava un processo inarrestabile, eppure, a un certo punto, le cose sono iniziate a cambiare», ammette Corrao.

A partire dalla morte di Casaleggio, il percorso del M5s, secondo l’eurodeputato, inizia a farsi più travagliato. Nella sua ricostruzione snocciola passaggi strettamente politici ad altri in cui il dito è puntato verso figure precise. Si sofferma per esempio sulla leadership di Luigi Di Maio, nei confronti del quale l’ormai ex cinquestelle non ha fatto mancare critiche anche in passato. «Una figura che doveva avere solo un valore formale, ma che si trasforma presto in una sorta di figura monarchica investita di pieni poteri esecutivi e nessun contrappeso». I tempi più recenti hanno visto Corrao protagonista nella corsa per la riconferma al parlamento europeo. Un’esperienza che ha registrato la nascita di concorrenze interne al Movimento 5 stelle e attriti che presto si sono manifestati. Su tutti quelli con Dino Giarrusso, l’ex iena che in un primo tempo aveva tentato nel 2018 l’elezione alla Camera, per poi riprovarci con successo in occasione delle Europee. «Nel 2019 di movimento era rimasto poco, tra capoliste spinte dal partito centrale e candidati che investivano decine di migliaia di euro (provenienti da dove?) in campagne spinte come quelle che criticavamo ai partiti», va avanti Corrao. Che pur non menzionando direttamente Giarrusso sembra a lui rivolgersi, anche alla luce anche di un recente approfondimento di Report e del chiarimento a mezzo Facebook dell’eurodeputato catanese.

Tra le cose che non sono andate giù a Corrao, c’è poi l’appiattimento del M5s sulla Lega e sul Pd in occasione della formazione del primo e del secondo governo Conte. Alleanze nate con i cinquestelle che avrebbero dovuto far valere lo status di partito di maggioranza relative, ma che presto hanno visto Salvini e i dem riuscire a imporre la propria linea su più temi. «Arriva il Conte bis, con protagonista al tavolo tal Spadafora, politicante italiano che dopo avere fatto il giro delle sette chiese (raccogliendo nomine dall’Udeur alla Margherita di Rutelli, passando per i Verdi e arrivando al Pdl) – dice Corrao parlando dell’attuale ministro allo Sport – trova l’anticamera del successo diventando assistente di Luigi Di Maio». All’ex partito, Corrao rimprovera l’avere ceduto al Pd anche nel momento dell’indicazione del commissario europeo e l’essersi ritrovati iscritti ad alcun gruppo nel nuovo Europarlamento

Il passaggio di consegne tra Di Maio e Vito Crimi, l’attesa, ritenuta eccessiva, per gli Stati generali, e le attuali ambiguità – tra cui la gestione delle nomine in cui «il nuovo M5s è stato campione di opacità» – hanno fatto il resto. E così a Corrao tocca rispondere al quesito dei quesiti. La domanda che puntualmente viene fatta a chiunque lascia il M5s: ti dimetterai? «Alcuni ritengono che se si esce da un partito dopo essere stati eletti ci si dovrebbe dimettere, anche io ero di questo avviso. Il problema è che in questo anno chi gestisce il M5s sta violando tutte le regole e tutti i programmi per cui siamo stati eletti, mentre alcuni di noi li stanno rispettando. Mi chiedo quindi se non si dovrebbe dimettere chi, dopo essere stato votato per portare avanti un programma alternativo, continua ad imporre – conclude – azioni e voti riconducibili a Pd e Forza Italia».

Simone Olivelli

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