L’uomo dopo la seconda guerra mondiale

di Lorenzo Ambrosetti

La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non è stata un punto di arrivo, nella specificazione dei diritti in essa elencati.

I diritti elencati nella dichiarazione sono più semplicemente i diritti dell’uomo storico quale si configurava nella mente dei redattori delle dichiarazione dopo la tragedia della seconda guerra mondiale.

Da allora ad oggi molti passa sono stati compiuti. Vedremo, in futuro, cosa è accaduto in seno all’Unione Europea e quali atti in particolare sono stati adottati. Limitiamoci qui alla sede internazionale.

E’ del 20 novembre del 1959 la Dichiarazione dei diritti del fanciullo, laddove si dice che “il fanciullo, a causa della sua immaturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una particolare protezione e di cure speciali”. In questo caso i diritti del fanciullo vengono considerati come uno “ius singulare”, rispetto allo “ius commune” contenuto nella dichiarazione universale, nel senso appunto che ne costituiscono un completamento ed anche una specificazione.

Il 20 dicembre del 1952, poi, l’Assemblea generale ha approvato una Convenzione sui diritti politici della donna che nei primi tre articoli prevede la non discriminazione sia rispetto all’elettorato – attivo e passivo – sia rispetto alla possibilità di accedere a tutti i pubblici uffici.

Quanto alla discriminazione razziale, è del 20 novembre del 1963 una dichiarazione , approvata dall’Assemblea generale, sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.

Questa dichiarazione precisa, in undici articoli, alcune fattispecie tipiche dell’azione discriminatrice, e contempla anche pratiche specifiche e bene individuate di discriminazione, come quella della segregazione ed in particolare dell’apartheid.

Per quanto concerne il fenomeno della deconolizzazione, esso è cominciato intorno agli anni Sessanta del secolo scorso, e si è concretato in una serie di atti che, a livello internazionale, hanno affermato il principio, oggi considerato irrinunciabile, dell’autodeterminazione dei popoli.

Nella dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai Paesi ed ai popoli coloniali, approvata il 14 dicembre del 1960, è affermato espressamente come “l’assoggettamento dei popoli al dominio straniero è una negazione dei diritti fondamentali dell’uomo”.

Nel patto sui diritti economici, sociali e culturali e nel patto sui diritti civili e politici, adottati entrambi dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966, è riconosciuto ufficialmente il diritto all’autodeterminazione. In virtù di questo diritto, i popoli “ decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo, economico, sociale e culturale”.

Non si possono elencare in questa sede tutti gli atti che sono stati emanati nel corso degli anni dagli organismi internazionali, basta rilevare che, in base a molti di essi, sono state prese misure coattive nei confronti di molti Stati considerati inadempienti. Ciò dimostra la forza coattiva e cogente delle disposizioni contenute in questi atti.

Molta strada è stata compiuta, ma molta se ne deve ancora compiere. La Comunità internazionale manca di strumenti veramente idonei per prevenire e reprimere le violazioni dei diritti umani, e i casi dei Paesi arabi, dove la donna è ancora sottomessa all’uomo e gode di diritti minori, costituiscono solo un esempio.

Vi sono ancora Paesi dove i cristiani vengono perseguitati e i loro luoghi ddi culto distrutti.

Appare oltremodo necessario che la comunità internazionale si doti di strumenti più efficaci anche per la lotta al terrorismo, vera piaga dell’Occidente civilizzato.

Auguriamoci che ciò accada in futuro. Per ora, continuiamo a sperare.

Redazione

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