L’uomo che insegnò ad Armstrong ad andare sulla Luna La storia dell’ingegnere Pagano, emigrato da Terrasini

«Nel 1954 ha lasciato la sua Terrasini, per inseguire anche lui il sogno americano. Ha progettato e costruito per la Nasa  la strumentazione di bordo dell’Apollo 11, ed ha istruito Neil Armstrong sulle operazioni di allunaggio, scrivendo un pezzo di storia, portando tra le stelle il suo nome e quello della sua terra». La Storia è fatta di tante piccole storie, si sa. Ma quella che ha visto il nome dell’ingegnere Filippo Pagano scolpito nella targa che il Comune di Terrasini gli ha dedicato lo scorso 15 giugno, sul lungomare Peppino Impastato, merita davvero di essere raccontata. 

Perché al suo interno ha tutto: il dramma dell’emigrazione (quando a migrare erano, e sono ancora, i siciliani) e le incredibili coincidenze, la caparbietà e l’incoscienza, la memoria e la passione. Quella del giornalista Lucio Luca, ad esempio, che la storia di Pagano l’ha raccontata nel libro Dall’altra parte della luna: una raccolta di biografie di 21 siciliani che lasciando l’Isola sono diventati famosi. E dire che, prima di conoscere la storia che darà il titolo al suo libro, Luca il manoscritto lo ha già finito. Le storie sono 20, il cronista è soddisfatto: è riuscito a incontrare, ad esempio, Joseph Germanotta (lo stilista di Lady Gaga e Beyonce), Francesco Realmuto (eletto miglior gelataio di New York) e Santi Visalli, il fotografo di sei presidenti degli Stati Uniti che insegnò il dialetto siciliano a Robert De Niro per il film Il padrino.

Poi l’incontro con un amico, nipote dell’ingegnere Pagano, che gli segnala lo zio Filippo, da una vita negli States dove aveva lavorato alla Boeing e alla Nasa. «Ha lavorato a fianco degli astronauti, era amico del primo uomo che mise piede sulla Luna, ti può interessare?». Una domanda del genere è quasi offensiva per un giornalista, così Luca non si lascia sfuggire l’occasione e approfitta di un inaspettato colpo di fortuna: l’anziano terracinese è da poco tornato nel suo paese, per tornare ad ammirare quel mare che non vede da 40 anni. I due si incontrano in un bar della zona, Luca per l’occasione porta con sè la figlia Lavinia.

Pagano è di poche parole, asciutto come i siciliani di una volta. Il cronista però sa il fatto suo e riesce a fargli raccontare tanti aspetti di una vita incredibile, di cui l’ingegnere pare non rendersi conto: le lacrime, appena accennate, allo storico sbarco del 1969; e prima ancora il lavoro da poliziotto a Terrasini, poi l’abbandono della divisa per la sua Rosalia e la scelta di andare, come tanti, a cercar fortuna negli Usa senza parlare una parola d’inglese, ma con due lauree ottenute in seguito; il lavoro in fabbrica e la Nasa che si accorge del suo talento. 

Fino ad arrivare, appunto, all’Apollo 11 e a quel piccolo passo per l’uomo ma un grande passo per l’umanità. Senza dimenticare il dramma, come quello dell’Apollo 13, la missione spaziale statunitense che mise in serio pericolo la vita dei tre astronauti presenti a causa di un grave incidente e fu poi raccontata dall’omonimo film del 1995, con Tom Hanks. 

Ecco perché Luca, all’inaugurazione della targa dedicata a Pagano (e scomparso nel 2016), non poteva mancare. Perché le più belle storie, a volte, sono quelle circolari che sembrano restituire, anche solo per un attimo, un senso a ogni cosa. E il ricordo di un figlio di Terrasini, che senza clamori e con la sana ostinazione che solo certi siciliani sanno avere, va proprio in questa direzione.

Andrea Turco

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