Una lettera dell’ambasciatore della Federazione Russa Sergey Razov inviata al vicepremier Matteo Salvini, una del console generale della Federazione russa a Palermo Evgeny Panteleev recapitata direttamente al prefetto di Siracusa Luigi Pizzi che ne avrebbe ricevuta una anche dal vicecapo di gabinetto del ministro dell’Interno Paolo Formicola. Sono questi i documenti che avrebbero portato il prefetto a emettere l’ordinanza dello scorso 9 maggio con la quale – fino al 30 settembre – si vietano assembramenti di persone e mezzi in dodici punti precisi del polo petrolchimico siracusano.
«Le vere ragioni del provvedimento le abbiamo apprese durante l‘udienza davanti al Tar – spiega il segretario generale della Cgil di Siracusa Roberto Alosi – Ci ha sorpreso che le richieste e le sollecitazioni non arrivassero solo da Lukoil ma anche dai vertici del governo russo. Insomma, si tratta di evidenti pressioni politiche». Un’ordinanza prefettizia che ha coinvolto non solo il colosso russo (che, nel 2018, ha acquistato da Erg gli impianti di raffinazione Isab di Priolo) ma tutte le multinazionali che insistono nella zona industriale siracusana da Sonatrach a Esso e Sasol.
Fin da subito è sembrata «inaccettabile perché vietava il diritto alla sciopero dei lavoratori», afferma il sindacalista. Così, la Cgil ha fatto ricorso al Tar di Catania che però ha rigettato la richiesta di sospensiva dell’ordinanza. Adesso, l’ufficio legale della Cgil sta predisponendo il ricorso al Cga. «Immediatamente abbiamo intuito che non si trattava di una vicenda provinciale ma che aveva risvolti nazionali e internazionali», aggiunge Alosi. La categoria più esposta da cui è nata tutta la vicenda è quella dei metalmeccanici. «Quando ai tavoli non ci sono più arrivate risposte concrete abbiamo organizzato i presidi davanti alle portinerie della zona industriale per rivendicare i nostri salari e i livelli occupazionali specie dopo il mancato rinnovo di un appalto che ha causato gravi perdite di posti di lavoro – racconta a MeridioNews uno dei metalmeccanici – La parola “assembramenti” utilizzata dal prefetto nell’ordinanza a noi è suonata di mussoliniana memoria. Un atteggiamento – aggiunge – che abbiamo interpretato come uno schiaffo alla democrazia. Se il problema nasce alla zona industriale, è lì che si deve presidiare per risolverlo non al bar, in spiaggia o altrove», conclude il lavoratore.
L’ambasciatore Razov, nella missiva dello scorso 12 marzo, pone all’attenzione del ministro dell’Interno «gli episodi di interruzione delle attività delle raffinerie Isab. Negli ultimi dieci anni, il numero delle azioni di blocco illecito da parte dei lavoratori di organizzazioni estranee, che per diverse ragioni avevano perso gli appalti dello stabilimento, è ammontato a più di cento casi concreti e ha portato, dal 2012 al 2018, alle perdite finanziarie di alcuni milioni di euro». Nella conclusione della lettera, Razov si augura «una partecipazione più attiva delle autorità italiane nella soluzione del problema del più grosso investitore russo in Italia».
Dello stesso tono anche il documento del 9 aprile inviato dal console Panteleev al prefetto Pizzi. «I rappresentanti dell’azienda hanno attirato parecchie volte l’attenzione delle autorità locali e centrali italiane verso questo problema. Ma le azioni di blocco illecito del lavoro dello stabilimento Isab continuano». Tre giorni dopo sarebbe stato il vicecapo di gabinetto del ministro dell’Interno a scrivere alla prefettura ricordando le «precorse interlocuzioni relative agli episodi di interruzione delle attività delle raffinerie». La lettera si conclude con una richiesta: «Si sarà grati per i cortesi aggiornati elementi informativi che codesto ufficio vorrà far pervenire in merito alla problematica in esame». Dopo un mese viene emessa l’ordinanza.
Un provvedimento che il senatore del Partito democratico Davide Faraone ha deciso di «sfidare per difendere il lavoro e il diritto di manifestare». L’appuntamento è per venerdì 26 luglio, a partire dalle 11, proprio davanti ai cancelli della Isab di Priolo. «Il ministro Salvini – si legge in una sua nota – deve spiegarci perché si rifiuta di rispondere in Parlamento in merito alle sue relazioni con la Russia e risponde immediatamente “Signorsì” alle rimostranze dell’ambasciatore russo Razov, impedendo ai lavoratori il sacrosanto diritto di manifestare per difendere il proprio posto di lavoro. Se questo non è alto tradimento, cos’è?».
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