«Francamente non sapevo neanche che avessimo questo terreno». Giovanni Chelo, fino a due settimane fa regional manager di Unicredit per la Sicilia, racconta così la donazione all’Università di Palermo di un terreno di 13mila metri quadrati per il progetto di ampliamento dell’Orto Botanico. L’area si estende tra via Tiro a Segno e la sponda sinistra del fiume Oreto. I primi sondaggi per acquisirla, da parte della Società Italiana di Botanica, risalgono addirittura al 1983.
«Delle nostre proprietà immobiliari – spiega Chielo – se ne occupano alcune aziende specializzate. La scorsa estate mi trovavo in ferie quando ho letto alcuni articoli che ne parlavano. Al rientro ho iniziato a studiare la cosa e ho scoperto – sottolinea con una battuta – la richiesta del 1983. Sono felice di aver chiuso il mio incarico con un’iniziativa che rende questa città ancor più a misura d’uomo. Il terreno rappresenta da solo il 10 per cento dell’estensione totale dell’Orto». A parlare della donazione sono presenti in via Lincoln anche il sindaco Leoluca Orlando, l’assessore al Verde Francesco Maria Raimondo, che ha guidato lo spazio accademico per 21 anni, la nuova direttrice Cristina Maria Salmeri e il successore di Chelo Sebastiano Musso.
Per soddisfare un desiderio rimasto nel cassetto così a lungo è bastato «stralciare il terreno dal bilancio di Unicredit – conclude il dirigente di Unicredit -. Abbiamo colto al volo la richiesta formale del Comune e dell’ateneo, che ci è pervenuta a novembre, avviando subito l’iter». Per Orlando «questo progetto si sposa perfettamente con la nuova sede ecosostenibile che l’Amg sta ricavando dalla riqualificazione dell’ex gasometro». È ancora troppo presto per capire i tempi e i costi degli interventi, anche di quelli più urgenti, ma l’assessore Raimondo, visibilmente emozionato, ritiene che si possa ripartire dal vecchio progetto dei botanici palermitani per ampliare il giardino scientifico di via Lincoln, «attualmente fermo, come estensione, ai 10 ettari raggiunti nel lontano 1892. È un sogno che si avvera dopo trent’anni. L’Orto Botanico vivrà una nuova fase di sviluppo e rilancio che lo porrà, caso unico in Italia, a ridosso di un fiume. Quest’orto europeo tropicale rappresenterà un’eccellenza in Europa e nel mondo e diventerà uno dei più grandi esistenti».
Un’idea di massima, comunque c’è già: quella di impiantare una serie di «fitosistemi», cioè di spazi dedicati alle piante provenienti dai cinque climi mediterranei del mondo: oltre al Mare Nostrum saranno rappresentanti il Cile, la California, l’Australia sudoccidentale e il Sudafrica. Un’autentica finestra sul mondo, che sarà collegata all’Orto Botanico da una passerella aerea per poter ammirare dall’alto la bellezza di alberi, fiori e arbusti. Questo per il futuro. Il presente invece costringe la direttrice Salmeri a rincorrere le esigenze quotidiane. A partire dalle piante che hanno bisogno di cure continue: «C’è un platano molto alto – dice – che si è abbattuto su un’altra pianta e per sistemarlo occorre un intervento straordinario con una piattaforma in grado di salire fino a 40 metri. C’è un’Araucaria minacciata dall’ampliamento di un ficus e ci sono altri ficus che hanno subito lo schianto di alcuni rami e vanno messi subito in sicurezza».
Tutti lavori che impongono una manutenzione costante «ma al momento non sono previste stabilizzazioni dei lavoratori – chiarisce Salmeri -. Possiamo solo provare a garantire qualche giornata lavorativa in più scovando fondi qua e là. Al momento gli operai stagionali hanno 101 giornate lavorative all’anno, che cerchiamo di distribuire e concentrare nei periodi in cui serve. I lavori, del resto, non finiscono mai tra potature, sfalcio e invasi».
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