Trafalgar Square, 7 luglio, 5.30 del mattino. Qualcuno ha avuto il coraggio di passare la notte qui, dico coraggio perche l’estate a Londra praticamente non esiste e si rischia l’assideramento pure a luglio. Molti altri temerari dormono qui da almeno tre notti, in un Potter Camp che è un raduno di pazzi venuti da tutto il mondo con i libri di J. K. Rowling da farsi autografare, e che le truppe di Scotland Yard spostano da un punto all’altro della piazza fino a rinchiuderli in una specie di recinto. Sì, un recinto.
Che non fosse l’anteprima di un film qualunque lo si era capito dall’isterismo collettivo che si è generato tra i fan di Harry Potter all’annuncio che la première dell’ultimo film basato sull’ultimo romanzo del mago occhialuto si sarebbe tenuta qui, di fronte alla National Gallery, alla presenza di tutto il cast e dell’autrice in persona. Pregasi cortesemente di munirsi di uno degli ottomila braccialetti a disposizione per poter accedere alla piazza, altrimenti niente anteprima. Accaparrarsi l’ambito braccialetto significa attendere sotto il sole, e poi la pioggia e poi sole e poi di nuovo la pioggia per sei, sette ore. Una volta ottenutolo, uno potrebbe andarsene dove gli pare, ma i fan non lo fanno, i fan si barricano in piazza lo stesso, dove passeranno un’altra notte, per l’ultima volta, rileggendo i passi preferiti dei romanzi di Harry Potter in coro, come se fosse il Vangelo. Letture collettive in tutte le lingue, con delegazioni di fan provenienti da tutto il mondo: Brasile, Kenya, Australia. C’è anche una delegazione italiana, con un cartellone che poi, alla fine, riusciranno a farsi firmare dalla Rowling in persona. Quel che si dice un vero happy ending.
Alle dieci del mattino inizia a piovere. Un vero acquazzone, non uno di quelli estivi, una di quelle tormente gelide che rischia seriamente di ammazzarci. Ma resistiamo, con i nostri stupidi vestiti estivi che ti fanno pensare: “Perche diavolo non ho messo un giubbotto in valigia?”. Nemmeno le tende da campeggio ci aiutano, mentre sacchi a pelo, cibo, cartelloni, spazzatura, tutto si mescola in un groviglio di melma e detriti. Qualche londinese incazzato urla verso quei fan zozzi che hanno trasformato Trafalgar Square in una discarica. “It’s a shame, look what have YOU done”. E nel frattempo quel londinese incazzato non si schioda dalla sua postazione che dà dritta dritta verso il red carpet; il foglio pronto per ricevere gli autografi dei suoi idoli. Qualche bimbo chiede pietosamente ai genitori, fratelli maggiori, cugini, di andar via. Vengono zittiti. La generazione cresciuta con i romanzi di Twilight non potrà mai capire tutto questo. Pure Anna Praderio del Tg5 gironzola sul red carpet con sguardo allibito, incredula. Probabilmente Mimun non le aveva specificato che sarebbe finita a Woodstock.
Alle quattro, miracolosamente, spunta il sole, e per fortuna non se ne va più via. E insieme al sole e a un po’ di calore arrivano i primi grandi nomi, che per molti possono sembrare piccoli ma dopo aver passato dieci anni a vederli sul grande schermo, e in un certo senso dopo averli visti crescere, ti viene da urlare e saltare come se stessi vedendo Gesù in persona. Rupert Grint, Emma Watson, Daniel Radcliffe, il trio insieme, lì, davanti a te. Ti passano davanti veterani del cinema come Ralph Fiennes, Alan Rickman, Julie Walters, Helena Bonham Carter, la candidata all’Oscar Maggie Smith, ma le urla sono tutte per loro: Harry, Ron ed Hermione. E infine Johanne Kathleen Rowling, da tutti soprannominata la vera regina d’Inghilterra. Arriva sul palco, è già commossa, prende il microfono e dice addio a tutto questo. “Nessuna storia vive a meno che qualcuno non voglia ascoltarla. Grazie, a tutti voi”. Il pubblico risponde in coro: “Grazie a te!”. E lei: “No, grazie a voi!”. E aggiunge, facendo sciogliere tutti in un pianto a dirotto: “Hogwarts will be always be there to welcome you home!”. E finisce qui quella che da semplice première è diventata un’enorme, chiassosa e commovente riunione di una famiglia nata quando una ragazza madre ha deciso di scrivere un libro su un mago e un binario magico alla stazione di King’s Cross.
Questo racconto potrà sembrare folle, e in effetti lo è. Ma è reale. È la magia di Harry Potter: non si può spiegare. Solo chi l’ha vissuta per dieci anni, e adesso che è finita si sente quasi orfano, può capirla.
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