Non ho partecipato alle manifestazioni del movimento studentesco, né ho tenuto lezione in piazza. Non per polemica però, ma perché credo che la protesta abbia qualche probabilità di riuscita soltanto se eviterà di diventare la cinghia di trasmissione di altre realtà ad essa estranee.
Quali? L’accademia (ovvero il mio mondo) e i partiti. Non riesco bene a capire cosa ci facciano i professori tra le file rumorose degli studenti. Temo che, pur generosamente, essi finiscano per portare nelle vostre assemblee i problemi e gli umori di altre generazioni e altre visioni del mondo. Che possano contaminare il vostro malessere giovanile con lo scontento e le stanchezze di noi anziani. Che in fin dei conti restino lontani dalla fisiologica spinta dei ragazzi verso il futuro, dalla teatralità colorata della vostra piazza, dalle vostre forme di comunicazione. Una volta si sarebbe gridato ai cattivi maestri. Ma no. Oggi il rischio è di mescolare generazioni piene di energia e generazioni piene di delusioni. Forse l’Onda dovrebbe essere più gelosa della propria età. Se noi tutti accorressimo in massa nei cortei, quell’età si alzerebbe vorticosamente. Vi conviene?
Del resto, gli accademici hanno troppe colpe per candidarsi alla partnership del movimento. È vero, di fronte ai tagli indiscriminati della finanziaria, studenti e docenti sembrano avere gli stessi interessi, ma non vorrei che tutto finisse con il ridimensionamento di quei tagli e lasciando però immutati i vizi dell’università, i suoi settori pletorici, la scarsa meritocrazia. L’Onda dice di volersi battere contro questi fantasmi. E i professori, dall’altra parte, cosa vogliono veramente? Gli studenti farebbero bene a sviscerare il punto, perché dopotutto, per fare una battaglia insieme, bisogna avere gli stessi obiettivi.
Tanto meno credo che gioverebbe al movimento diventare la cinghia di trasmissione della politica. Un tempo, la contestazione giovanile doveva farsi largo tra partiti forti e ostili nei suoi confronti. Oggi il quadro è capovolto e sono i partiti (deboli) a cercare di radicarsi nella piazza studentesca, pensando di ricavarne peso politico. Ma l’Onda, cosa ne guadagna? Negli scorsi anni, destra e sinistra hanno fatto assai poco per costruire strutture moderne per la didattica, la ricerca e il lavoro dei giovani. Piuttosto (e ipocritamente) hanno concesso grande autonomia alle università, fino a renderle il regno intoccabile di noi docenti e il ghetto dequalificato di voi studenti. L’esperienza dice che sarebbe molto difficile cambiare tutto questo, se il movimento diventasse una costola di qualche partito o sindacato.
Non so dire quale sarà il futuro dell’Onda ma, tra me e me, spero che non commetta gli errori di altre generazioni, quelle del Sessantotto, del Settantasette, della Pantera. Le quali, intrise com’erano di ideologismi e di politichese, finirono per spegnersi senza risultati o, peggio, produssero leadership arroganti, conformismi intellettuali e violenza. I ragazzi del 2008 sono molto diversi. Proprio per questo non dovrebbero farsi manipolare da nessuno.
[Pubblicato su “Il Corriere del Mezzogiorno” del 9-11-2008]
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