Questa mattina, fuori dall’ aula del tribunale, c’erano gli amici di Carmela, i compagni di scuola, ormai diplomati, le donne del coordinamento antiviolenza 21luglio. In aula c’erano da un lato i genitori della ragazza e i suoi fratelli Antonino e Lucia; dall’altra parte, dietro il vetro, c’era lui, Samuele Caruso, l’assassino della studentessa di 17 anni, uccisa a coltellate il 19 ottobre del 2012. Barba lunga e occhi bassi per tutto il tempo.
L’udienza è durata pochi minuti, il tempo delle repliche e poi il giudice ha annunciato il rinvio della sentenza al prossimo 17 luglio. E come ogni volta, all’uscita, i familiari sono stati subito circondati dall’affetto di chi, in questi anni, non li ha lasciati da soli in questa battaglia per la giustizia.
«La vita della vittima è quella del carnefice devono essere messe in un certo senso sullo stesso piano – dice il padre di Carmela, Serafino -. Come mia figlia non godrà più di questa vita, nemmeno lui deve goderne».
E questo accadrà se verrà confermata la sentenza di primo grado, emessa lo scorso 26 febbraio e che ha condannato Caruso all’ergastolo, «E’ una sentenza importantissima – ha aggiunto il papà – anche per le donne, perchè non si possono uccidere impunemente con la speranza che si possa uscire dal carcere in breve tempo. Non può e non deve passare il messaggio che si può uccidere una donna e cavarsela con pochi anni di galera e che un qualsiasi giudice di sorveglianza possa ridurre gli anni per buona condotta perché il carnefice mira a quello, avere una riduzione di pena, in modo che che il giudice lo metta fuori dopo pochi anni e la sentenza della pena si va a fare friggere. La vittima qui è mia figlia Carmela, le vittime siamo noi! Fa comodo ai familiari dell’assassino di mia figlia dire che lui è una vittima, ma vittima di che cosa? Di chi? Chi glielo ha detto di presentarsi sotto casa mia armato di coltello e uccidere una ragazza di 17 anni e ferire mortalmente mia figlia Lucia che porta i segni della violenza addosso?». Piange Serafino e Lucia gli si avvicina e lo stringe forte.
Adesso si attende il prossimo 17 luglio, giorno in cui la Corte si riunirà in camera di consiglio per emettere la sentenza. I familiari sono stanchi ripetono che vogliono solo che finisca tutto e possono solo sperare che Caruso “marcisca in carcere”. La difesa, durante il primo grado aveva tentato di puntare sull’infermità mentale e secondo la perizia richiesta dal gup, il ragazzo risultava “capace di intendere ma non di volere”. Risultato questo che aveva lasciato perplessi familiari e opinione pubblica e che chiaramente aveva alleggerito la posizione dell’assassino. Il pm Caterina Malagoli aveva però richiesto un’altra perizia dalla quale era invece emerso che il giovane era nel pieno delle sue facoltà mentali. Da qui la sentenza di ergastolo per Caruso, dello scorso febbraio.
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