«È risaputo che durante le competizioni elettorali in tutti gli studi legali di Catania ci sono i santini sui tavoli». Parola di Claudio Indelicato, avvocato e ultimo dei testimoni sentiti nel processo in cui è imputato l’ex parlamentare Angelo Lombardo – fratello dell’ex governatore regionale Raffaele – accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Il penalista catanese nel 2008 è stato assessore all’Urbanistica e vicesindaco nel Comune di Motta Sant’Anastasia sotto la bandiera del Movimento per le autonomie, il partito dei fratelli Lombardo. Nel 2012, a distanza di alcuni anni, quando le fondamenta dell’autonomismo vengono intaccate da inchieste giudiziarie, scandali e sospetti, prende la decisione di scrivere una lettera agli avvocati che si occupano di Angelo Lombardo perché «quello che leggevo sui giornali contrastava con le mie conoscenze».
Indelicato in aula passa in rassegna alcuni episodi chiave dell’accusa, dal presunto pestaggio all’ex parlamentare – sempre smentito dal diretto interessato – fino alle conoscenze fatte nella segreteria dei fratelli. «Nel 2008 andai a trovare Angelo, era ricoverato al Cannizzaro – racconta Indelicato – ma non presentava segni di percosse e non lamentava dolori particolari». Una diagnosi che non convince la magistrata Agata Santonocito: «Ma era nudo quando lei si recò in ospedale oppure diciamo che dal collo alla testa non aveva segni?». Una domanda che induce il testimone alla precisazione. Secondo l’ex vicesindaco di Motta, il motivo del ricovero dell’ex parlamentare resta comunque da attribuire a «uno stato di ipertensione di cui soffriva il fratello di Raffaele, dopo alcune discussioni per alcune candidature».
«La voce», come Indelicato definisce la storia del presunto pestaggio – di cui poi, a distanza di anni, raccontano il pentito Eugenio Sturiale e la moglie Palma Maria Biondi – circolava già nel 2008 nell’ambiente politico Mpa. «Si parlava in segreteria, nei salotti e tra amici – rivela l’avvocato – e si diceva che a metterla in giro era stato il senatore Pino Firrarello». All’interno della segreteria politica, Indelicato racconta di aver conosciuto anche il geologo Giovanni Barbagallo, imputato in questo processo e già condannato in appello a sei anni. «L’affiliato nascosto», come viene definito nelle motivazioni della sentenza, sarebbe stato l’anello di congiunzione tra Cosa Nostra, imprenditoria e i Lombardo. «Non mi ha fatto una buona impressione – spiega Indelicato – aveva la barba incolta e mi chiese, quando ero vicesindaco, di ricordami di lui a Motta per eventuali perizie». Una richiesta a cui si sarebbe opposto direttamente Angelo Lombardo: «Mi disse di evitare, in qualità di amministratore, di fare promesse a questa persona – continua il testimone – La sua frase fu “sorridi con tutti ma non ti impegnare“». Nel 2008 è proprio Barbagallo a organizzare nella sua campagna di Ramacca – sede di numerosi summit di mafia – un banchetto per festeggiare l’elezione del politico di Grammichele, anch’egli presente quel giorno.
Attivo in politica, Indelicato spiega anche di aver cercato i voti per i fratelli autonomisti anche tra i suoi assistiti. Nella lista finiscono i nomi di Orazio Buda – recentemente coinvolto nell’operazione antimafia Prato verde – e quello del boss del clan Capello Orazio Privitera. «Con lui parlai nel 2008 perché i suoi cognati sono miei clienti storici ed era stato assolto in un processo d’appello dove difendevo Rosario Bonsignore, che fu condannato. In quell’occasione mi chiese maggiore attenzione nel ricorso in cassazione e io, avendo i santini sul tavolo, chiesi di verificare se tra i suoi familiari e i suoi amici c’era qualcuno che non aveva già impegni. Lui mi disse che non gli interessava chiedere voti». Una modalità di ricerca del consenso elettorale, nonostante la caratura del personaggio, che non avrebbe creato nessun genere di problema: «Non aveva timore che poi queste persone potevano andare a chiedere qualcosa ai Lombardo?» chiede il sostituto procuratore Antonino Fanara. «No, lo escludo e non è avvenuto – risponde Indelicato -, non potevano perché il tramite ero io e loro non li conoscevano direttamente».
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