Per il movimento No Muos il 25 novembre è ormai dietro l’angolo. Si attende la sentenza del Tar sul ricorso presentato dall’associazione No Muos Sicilia contro la decisione della Regione Siciliana per la famosa revoca della revoca alle autorizzazioni per l’installazione delle parabole militari all’interno della riserva naturale Sughereta di Niscemi.
Dopo la relazione di verifica, depositata il 12 settembre scorso, del prof Marcello D’Amore che aveva smontato le rassicurazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, di Ispra e dell’Enav, un nuovo studio (anch’esso già sui tavoli dei giudici del Tar) lancia ulteriori allarmi sulle alterazioni cellulari e questa volta critica le misurazioni di Arpa Sicilia. I risultati preliminari relativi agli effetti biologici delle emissioni elettromagnetiche presenti nella zona adiacente alla base statunitense, sono stati commissionati da un gruppo di cittadini e condotti dal dottor Fiorenzo Marinelli, ricercatore presso l’Istituto di Genetica Molecolare del Cnr di Bologna, a dal professor Massimo Coraddu, del Politecnico di Torino e consulente, insieme all’altro docente Maurizio Zucchetti, del comune di Niscemi.
Nello studio di 18 pagine si legge in premessa che «la letteratura scientifica pubblicata negli ultimi anni dimostra che avvengono significativi effetti biologici a livello cellulare e dei sistemi d’organo per esposizione a campi elettromagnetici a livelli non termici». Condizioni che si verificano sin dal 1991 per le antenne militari in contrada Ulmo. E’ stato inoltre condotto un esperimento, cioè un’esposizione di cellule presso un’abitazione a 800 metri dal centro radiante dell’antenna Lf, quella alta 150 metri che comunica coi sottomarini nel Mediterraneo. Si apprende che «la scelta è dovuta anche al fatto che si tratta dell’unico sito monitorato in modo continuativo, sin dal dicembre 2008 dall’Agenzia per la protezione dell’ambiente della Regione Sicilia (ARPAS) che vi ha effettuato anche numerose misurazioni puntuali, sia in banda larga che in banda stretta». Solo che «tutte le misurazioni di ARPAS sono relative alle condizioni di campo imperturbato». Con l’aggiunta che i militari americani non hanno collaborato, omettendo di fornire ulteriori dati.
Sugli effetti dei campi elettromagnetici il gruppo di ricerca ha poi messo a punto una nuova metodologia di indagine scientifica. «Abbiamo utilizzato – si legge nello studio – il metodo della coltivazione in campo mediante un incubatore portatile per cellule che mantiene le condizioni standard di coltura». Le conclusioni destano preoccupazioni. Attraverso il meccanismo di de-metilazione del dna l’esposizione continua alla radiofrequenza provocherebbe «una maggiore instabilità genomica nelle cellule ed una progressiva instabilità cromosomica». Insomma un maggior rischio di tumori in un territorio a rischio già pesantemente colpito dall’ormai ex Raffineria di Gela.
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