«Siamo la prima generazione che è entrata nella grande crisi dieci anni fa, abbiamo finito il nostro percorso universitario e ci hanno detto che il futuro non c’era più. E non credo che sia tornato ultimamente. Ed è ovvio che se a 23 anni vedi certi personaggi in tv non vuoi votare per nessuno, preferisci stare sui social e mettere like. La sfiducia ci è stata infusa da chi è arrivato prima e dobbiamo riprenderci la capacità di pensare al futuro». Così Alberto Guidetti – uno dei componenti de Lo Stato sociale – tenta di dare una risposta al perché i giovani non scendono più in piazza, perché si incontrano solo sui social. Perché, insomma, sono ormai disillusi nei confronti della politica. È questo il tema principale di Io non voto, e tu?, la conferenza organizzata ieri pomeriggio al polo didattico Gravina dai rappresentanti degli studenti del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Catania.
Un botta e risposa a cui hanno preso parte come ospiti speciali – oltre al professore Rosario D’Agata, docente di statistica sociale e presidente del corso di laurea in Scienze dell’amministrazione e dell’organizzazione, e Maurizio Avola, docente di Sociologia economica – Alberto Cazzola, Alberto Guidetti ed Enrico Roberto, tre giovani componenti del collettivo indie made in Bologna conosciuto dai più grazie all’esibizione del 2018, anno in cui hanno conquistato il secondo posto al Festival di Sanremo con Una vita in vacanza, canzone che hanno cantato anche ieri in apertura dell’appuntamento. «Il politico deve rappresentare le istanze della popolazione e una visione di futuro – commenta Alberto Cazzola rispondendo a una ragazza che chiede se quello del politico si può considerare un mestiere – e in questo momento, invece, sembra svolgere un compitino senza immaginarlo mai quel futuro. Il mestiere di politico può e dovrebbe esistere, la politica è una professione che richiede sacrificio, pazienza e capacità di visione. Caratteristiche che purtroppo, in questo momento, sembra non avere nessuno».
Se esiste una soluzione? «Se faccio un discorso a un pubblico vasto e variegato è più difficile far arrivare un messaggio, diventa una sfida – dice Cazzola – Attraverso la comunicazione si deve cercare di cancellare la banalizzazione usata per ottenere consenso e attirare l’interesse verso gli approfondimenti. Credo sia l’unico modo per uscire dalla dinamica in cui ci siamo cacciati». E la satira in tutto questo che ruolo gioca? «C’è un elemento rabbioso nei nostri testi, edulcorato però da una vita che per quanto difficoltosa ci ha dato piccoli e grandi agi – sostiene Guidetti –. È difficile giocare con la rabbia quando è una rabbia moderata. Non scriviamo nei testi la nostra idea politica, magari ne parliamo al bar. Sicuramente sono dell’idea che lo scontro intelligente sia necessario. Mi piace e trovo noioso questo tempo perché ce n’è poco».
«Durante le riunioni tra rappresentanti abbiamo ragionato spesso sull’esigenza di superare la disaffezione che i nostri coetanei provano nei confronti della politica, specialmente vista la scarsa affluenza alle elezioni studentesche degli ultimi anni», spiega il 27enne Gianluca Sequenzia, consigliere di dipartimento di Scienze politiche che frequenta la magistrale in Scienze delle pubbliche amministrazioni. «I ragazzi di oggi – aggiunge – non hanno mezze misure, o si interessano e fanno politica attivamente o se ne fregano». Molti votano solo perché è un diritto e un dovere ma non hanno coscienza politica. Quando, piuttosto, proprio oggi sembra importante che reinseriscano la politica nella loro vita. «Se non voti non puoi lamentarti di quello che succede, se esprimi una tua preferenza per questo o quel partito almeno sei cosciente che quello che succede è stato anche per merito o per colpa tua».
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