La strada, negli anni, l’hanno tracciata Giovannino Corrieri da Messina nel dopo Guerra, per poi passare il testimone in tempi molto più vicini a noi a Rosario Fina e Angelo Canzonieri, a Paolo Tiralongo e Giovanni Visconti, seguiti poi da Vincenzo e Antonio Nibali e ancora oggi da Damiano Caruso. La Sicilia ha saputo e sa offrire al ciclismo mondiale una schiera ben nutrita di campioni di sogni, tant’è che la vena non sembra esaurirsi mai.
È di questi giorni la prima vittoria da ciclista professionista del palermitano, originario di Ficarazzi, Filippo Fiorelli, trionfatore del trofeo Porec in Croazia; mentre nello stesso giorno il giovanissimo etneo, originario di Maletto, Vincenzo Saitta vinceva nella mountainbike la prova riservata agli under 23 alla Orvieto Wine Marathon, dominata negli open dal belga Wout Alleman sul campione del mondo di specialità il colombiano Leonardo Paez, compagno di squadra di Saitta. Magica l’alchimia tra sogni e aspettative, la scintilla che c’è dentro un ragazzino che nasce al sud e vede gli avversari, quelli sopra citati, come dei miti da sfatare, dei moloch da scalare, castelli da conquistare rosicchiando posizioni giorno dopo giorno.
Un mix fantastico tra talento e voglia di arrivare, dove la sfortuna di vivere lontano dalle competizioni che contano non esiste, dove la giustificazione che «quelli hanno maggiori possibilità» non regge, dove la voglia di sfondare travolge tutto e moltiplica le forze: «Quelli del Nord hanno un solo aspetto a loro favore, giocano sempre in casa ma a vincere in trasferta si prova più gusto», spiegava appena alcuni giorni fa in un’intervista il giovanissimo ciclista catanese Andrea Bruno, nel 2021 in forza al team Giorgi di Bergamo.
Raccontava un giorno Giovanni Visconti che ancora minorenne prendeva il traghetto il venerdì sera con lo zio per viaggiare di notte e risparmiare sul prezzo della cuccetta dormendo appollaiato sulla plancia della nave, cullato dalle onde del mare mosso e dal rumore ritmico come una cantilena del motore del natante. E quando si risvegliava al mattino seguente nel porto di Livorno o Genova era non solo rigenerato, ma soprattutto caricato a molla per le gare del weekend: «Mi sentivo come in dovere di ripagare con un successo tanti sacrifici miei e dei miei familiari: se non avessi vinto mi sarei quasi sentito in colpa. E quindi partivo in gara con gli occhi della tigre».
Ecco presto detto il risultato di quel mix fatto di umiltà, voglia di riscatto, di emergere, di diventare qualcuno, di riprendere quella nave la domenica notte per poi presentarsi fresco il lunedì mattina al porto di Palermo, libri sotto braccio, pronto per entrare a scuola. Sport e scuola, la determinazione di essere primi, la sfrontatezza della giovane età e l’incoscienza di superare limiti che non conosci perché ancora nessuno ti ha detto «è impossibile». Sportivi e artisti, Nibali e Fiorello; politici e astronauti, Mattarella e Palmisano; magistrati e attrici, Falcone e Maria Grazia Cucinotta. Siete ancora così convinti che sia proprio una sfortuna nascere al Sud?
Paolo Alberati, perugino di nascita e siciliano per scelta di cuore, è un ex ciclista professionista, oggi procuratore di atleti professionisti e dilettanti. La sua ultima scoperta? Il vincitore del Tour de France 2019 Egan Bernal. Quando non è in bici, scrive.
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