Lo spaccio di droga alla Zisa e il ruolo delle donne «Sono finite tutte cose, le persone qua li vogliono»

«È che oggi sono troppo stressato, hai capito? Troppe persone, troppe telefonate». Così si sfoga Ernesto Gulotta con un cliente. Gulotta, però, è un commerciante particolare: vende droga, soprattutto cocaina. Un servizio al telefono h24, come lo hanno definito gli inquirenti della squadra mobile di Palermo che ieri hanno eseguito sedici arresti, sgominando lo spaccio di stupefacenti che dal quartiere della Zisa riforniva cocaina a centinaia di acquirenti della cosiddetta Palermo bene. Un business talmente prolifico – tra i 500 e i 600 euro al giorno, circa 30mila euro al mese – da far creare addirittura due fazioni all’interno dello stesso sodalizio criminale

Da una parte, infatti, ci sono due coppie: Ernesto Gulotta insieme alla compagna Anna Bonfardino e Francesco Paolo Lo Iacono insieme alla moglie Loredana Vitale. Gulotta e Lo Iacono stanno tentando da tempo il grande salto, ovvero quello di rendersi autonomi da quello che gli inquirenti ritengono essere il rais dello spaccio, Giuseppe Randazzo. Ci riusciranno solo in parte. Ma per un certo periodo le due coppie, riconoscono gli inquirenti, «con piena sinergia, organizzazione e sincronismo hanno dato luogo a una florida, stabile e continuativa attività di smercio di cocaina». E fondamentale si rivela proprio il ruolo delle due donne. «Appare evidente – scrivono gli inquirenti – come le due donne prendessero parte attiva alla questione citando quantitativi e denaro, evitando che le cose venissero dette per telefono dai due uomini».

Intoltre Bonfardino e Vitale, come si evince dalle carte dell’inchiesta, dicono ai rispettivi compagni dove andare, gli segnalano l’eventuale presenza di forze dell’ordine, gli suggeriscono che rapporti avere coi clienti. Le due donne si telefono spessissimo: un confronto continuo e diretto sui traffici, sui movimenti, sui conti e gli equilibri da tenere a posto. Sempre mantenendo, però, un tocco femminile. Come quando Vitale comunica all’amica di aver preparato le nuove confezioni per lo spaccio di cocaina, questa volta con del nastro di colore rosso, che sperava potesse essere di buon auspicio. E ovviamente ne parla con parole in codice: «Comunque noi adesso abbiamo fatto di nuovo i jeans rossi! sono più augurosi!».

Un’altra intercettazione, invece, testimonia del florido business di cocaina e della notevole mole di richieste che arriva alle due coppie a qualunque ora del giorno e della notte. «Sono finite tutte cose, le persone qua li vogliono» dice in una telefonata Loredana Vitale. E la risposta dell’amica è allarmante: «Le persone li vogliono e voi ancora non avete niente». Anche le due donne, come i rispettivi compagni, usano ingenue parole in codice, come «una birra grande» per indicare uno o due grammi di coca, contraddistinta con del nastro isolante di colore bianco.

L’operazione della polizia nasce dalle dichiarazioni di Fabio Fernandez, noto pluripregiudicato palermitano, che il 18 ottobre 2017 si presenta spontaneamente presso gli uffici del commissariato di polizia della Zisa. Ne ha di cose da dire, Fernandez. Innanzitutto confessa l’omicidio di Giuseppe Calascibetta, reggente della famiglia mafiosa di Santa Maria di Gesù, avvenuto nel 2011 tramite un’arma giocattolo opportunamente modificata. Ma non c’è solo questo. Dalle sue parole viene fuori un quadro, che gli inquirenti giudicano «assolutamente attendibile» perché arriva da un «profondo conoscitore», sul traffico di cocaina che alla Zisa si rivolge e dallo stesso quartiere inonda la città. Fernandez, però, indica solo gli esponenti maschili. Ma non sa che dietro le quinte, a reggere le fila, sono le donne.

Andrea Turco

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