L’ippodromo: Cosa nostra, i driver e le gare truccate «Non tutti ci stavano, ma vinti anche 400 mila euro»

«La tris è molto complicata perché non tutti i fantini si facevano convincere. Però ti permettevano di andare a incassare quei cento, centocinquanta, duecentomila euro dalle corse truccate». E in una sola gara, rivela un collaboratore di giustizia, «persino 400 mila euro». All’ippodromo la mafia, infatti, era di casa, in grado di controllare la sorte delle gare, truccandone il risultato. Un fenomeno che avrebbe garantito introiti ingenti a Cosa nostra, già emerso da precedenti inchieste, poi sfociato nell’interdittiva della prefetta Antonella De Miro che ha portato alla chiusura della Favorita, lo scorso anno, per «infiltrazioni mafiose». Il blitz dei carabinieri, scattato ieri notte, conta nove indagati e tra questi ci sono driver, allenatori, gestori di scuderie che devono rispondere a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa e frode in competizione sportiva. Quattro le gare ippiche che, alla luce delle indagini condotte, sono risultate «palesemente truccate», disputate tra il 2016 e il 2017 negli ippodromi di Palermo, Taranto e Follonica.

Ma il sistema che emerge dalle carte dei magistrati che hanno condotto l’inchiesta, sarebbe andato avanti da molti anni sotto il rigido controllo delle famiglie di Resuttana e San Lorenzo. E i guadagni illeciti, almeno in una prima fase, venivano divisi equamente, come rivela Vito Galatolo, ritenuto dai giudici membro di una storica famiglia mafiosa che ricade nel mandamento di Resuttana, quella dell’Acquasanta. Tra i nomi dell’indagine ritorna spesso quello di Giovanni Niosi che, fino a pochi anni fa, avrebbe controllato l’ippodromo per conto di Cosa nostra: «Ha gestito sempre tutte le tutte le corse e tutte le tris che c’erano a paglia – ricostruisce Galatolo – all’ippodromo della favorita, sempre lui, dal 2000 al 2002… a quando c’ero io fuori sempre lui perché lui, con la scusa che faceva il fantino, lui corrompeva chi poteva corrompere: era lui che la gestiva là dentro».

Il meccanismo era semplice: «Quando facevano le tris, allora, lui era quello che dava i soldi ai guidatori “te qua stu milione” ora arriva due milioni a quello, lui era quello che giostrava la corsa», dice ancora Galatolo: in pratica, stabilito chi doveva vincere, «allora gli altri si stavano dietro, il secondo doveva arrivare, questo e il terzo doveva arrivare quello, e così come partivano. E poi Cosa nostra investiva tutti i soldi nelle sale scommesse». Non sempre le cose andavano, però, per il verso giusto e non tutti i fantini si piegavano al volere della mafia: alcuni si ribellavano. «Conosco un fantino incorruttibile, uno che all’ippodromo prendeva legnate dalla mattina alla sera perché non si faceva corrompere, ma Niosi gliene ha fatto dare di legnate». Altri, invece, avrebbero accettato di buono grado, almeno secondo le parole di Galatolo: «Dipende da chi erano i fantini, c’erano fantini che anche con 500 euro si accordavano, ci sono fantini che volevano 2 mila euro, 1500 perché poi lo sanno che poi vanno a passare i guai, se non è oggi è domani, fra 10 anni pagheranno».

Altre conferme arrivano da un collaboratore di giustizia, Sergio Macaluso: «Quando ci sono le corse si mettono d’accordo i fantini, si mettono d’accordo per fare arrivare un cavallo – spiega parlando con i magistrati – Tirano indietro e il cavallo arriva, anche se ci sono stati diversi problemi perché queste cose sono state notate all’ippodromo». Fino ad allora l’ippodromo è «nelle mani di Niosi» ma poi Giovanni viene estromesso perché «si era fregato più di cinquantamila euro dai conti che avevamo fatto», rivela ancora Macaluso. 

Ma ci sarebbero anche casi di incassi ingenti, come rivela il collaboratore Manuel Pasta del mandamento Resuttana, nel caso delle tris: «Tramite i fantini si mettevano d’accordo e decidevano l’esito di una corsa. Si andavano a fare le giocate nelle sale scommesse e si incassavano gli introiti. Si facevano due, tre volte l’anno. Però negli ultimi tempi non andava benissimo, insomma non era una corsa, perché la tris è molto complicata, non tutti i fantini si facevano convincere. Però ti permettevano di andare a incassare quei cento, centocinquanta mila euro l’anno, duecentomila euro dalle corse truccate. In una corsa si fecero quattrocentomila euro, una corsa del 2007, con una tris nazionale. Quindi in una tris si possono fare pure trecentomila, quattrocentomila euro».

Antonio Mercurio

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