Cè un legame stretto tra Taranto e larea che si distende tra Priolo, Melilli ed Augusta: linquinamento. Ci sarebbe anche un legame storico, perché la città pugliese e lampia zona del Siracusano hanno in comune la scommessa industriale che comincia, grosso modo, negli anni 50 del secolo scorso, quando la Cassa per il Mezzogiorno, oltre a puntare sulle grandi infrastrutture, decide di industrializzare il Sud del nostro Paese, chiamando grandi gruppi privati a investire nel Mezzogiorno (concedendo tante agevolazioni) o facendo intervenire direttamente lo Stato come con lItalsider di Taranto, oggi Ilva.
Allora si credeva nellindustrializzazione del Sud. Ci credeva la Puglia. E ci credeva la Sicilia. Nella nostra Isola, in quegli anni, si scatenò una battaglia sociale tra Priolo e larea di Noto Marina. Entrambi i territori volevano lindustrializzzazione ad ogni costo. Vinsero (o quasi, con il senno di poi) Priolo e Melilli. (a sinistra, foto dell’Ilva di Taranto)
A distanza di decenni, dove avrebbe dovuto vedere la luce lindustria chimica, cè oggi la Riserva naturale di Vendicari con i suoi pantani. E cè ancora Noto Marina. Mentre a Priolo e a Melilli ci sarà anche la chimica pesante, ma ci sono anche inquinamento dellaria e del mare e tante malattie (e anche teratologie: esseri che nascono deformi, in terra e in mare).
Le similitudini tra le aree industriali siciliane e Taranto, dal 2011, non ci sono più. Il 2012, per Taranto, verrà ricordato come lanno della parziale chiusura dellIlva, lacciaieria che ha inquinato tutto, compreso il Mare piccolo (un tratto di mare interno, che aveva già problemi di ricambio), fino a due anni fa gloria e vanto dei tarantini che allevavano frutti di mare, cozze soprattutto.
In realtà, la tempesta, a Taranto, non comincia nel 2012, ma un anno prima: nel 2011. Quando le autorità sanitarie locali e nazionali, di malavoglia, debbono prendere atto che le cozze del Mare Piccolo sono inquinate: diossina, Pcb e altri veleni ancora. (a destra, l’area industriale di Gela: foto ratta da informareperresistere.fr)
Linquinamento delle cozze – anzi, la fine dei tradizionali allevamenti di cozze e di frutti di mare tipici del Mare Piccolo di Taranto – dà il via ad accurate indagini sullambiente. E si scoprirà quello che è stato scoperto: inquinamento mortale dellambiente.
Le similitudini, dicevamo, tra Taranto e le sue industrie da una parte (oltre allIlva ce ne sono altre, piccole) e le aree industriali della Sicilia, d oggi, non ci sono più. In comune cè linquinamento, che a Priolo, a Melilli, ma anche ad Augusta, a Gela e a Milazzo non è certo inferiore – o meno pericoloso – di quello della città pugliese.
La differenza è che delIlva e di Taranto si parla, mentre dellinquinamento di queste aree siciliane non si parla.
Abbiamo detto che, ormai, tra la realtà pugliese e quella siciliana non ci sono più similitudini. Forse ci siamo sbagliati, perché un altra similitudine, a pensarci bene, cè: latteggiamento della politica e delle organizzazioni sindacali.
In Puglia – lo abbiamo letto o visto in Tv lo scorso anno – politica e sindacati difendono comunque il mostro dacciaio dellIlva, spesso polemizzando con la magistratura che sta soltanto cercando di tutelare il ‘diritto soggettivo’ di unintera comunità: la salute dei cittadini di Taranto e delle aree vicine.
Anche in Sicilia la politica e i sindacati difendono a spada tratta le industrie di Priolo, Melilli, Augusta, Gela e Milazzo. Nellarea industriale di Siracusa – tra Priolo e Melilli – addirittura, la politica e i sindacati siciliani avrebbero voluto piazzarvi un rigassificatore (gli uffici della Regione siciliana sono stati costretti a dire no perché si tratta di unarea altamente sismica e i burocrati non volevano finire in galera).
Insomma, alla politica e ai sindacati della salute degli abitanti di queste (e di altre) aree industriali della Sicilia non gliene può fregare di meno. Si fermano solo se intravedono il sole a strisce.
Alla fine, la differenza tra Taranto e le aree industriali inquinate della Sicilia la fa la magistratura. In realtà, qualche anno fa, anche in Sicilia, tra Priolo, Melilli e Augusta, la magistratura ha colpito duro. E merito della magistratura se si è scoperto che fiumi di mercurio sono finiti in mare tra Priolo e Augusta. Ed è sempre merito della magistratura se è venuta fuori la storia del mercurio sepolto nella rada di Augusta. E dei pesci mostruosi che nuotano nel mare inquinato. E dei bambini che nascono deformi. (a sinistra, la rada di Augusta: foto tratta da portoaugusta.it)
Dopo le meritorie inchieste della magistratura, però, su Priolo, Melilli e Augusta è calato il silenzio. Rotto soltanto da quella che è ormai conosciuta come la sceneggiata di Augusta. Di che si tratta? Semplice: ogni due anni, o giù di lì, il Governo nazionale annuncia la bonifica della rada di Augusta. Si parla di miliardi: un tempo miliardi di lire, oggi di euro. Chiacchiere allo stato puro.
Perché, come per il Mare Piccolo di Taranto (e, in effetti questo è un altro elemento in comune), il mercurio e i veleni sepolti nei fondali della rada di Augusta non possono più essere toccati. Perché tornerebbero a inquinare il mare (ma non è già inquinato?) e perché, a Taranto come ad Augusta, non saprebbero dove stoccare il mercurio e gli altri veleni una volta estratti dai fondali marini.
La speranza – per il Mare Piccolo di Taranto e per la rada di Augusta – è che un giorno si trovino degli organismi in grado di nutrirsi di questi veleni. Non è una follia: basti pensare che il Mare Piccolo di Taranto, negli ultimi dieci anni, era, se non pulito, di certo meno inquinato rispetto al passato grazie agli allevamenti di cozze che hanno ripulito questo piccolo mare quasi chiuso da molti agenti inquinanti (il problema è che le cozze non si possono mangiare appunto perché sono piene di agenti inquinanti).
Come finirà? A Taranto forse bene. Forse lacciaieria, cioè lIlva, verrà sbaraccata. Nonostante la politica e i sindacati Taranto tornerà ad essere una città vivibile.
Non si può dire la stessa cosa in Sicilia. Dove queste aree industriali continuano ad operare massacrando aria, terra, mare e persone. Anzi, alle industrie che hanno distrutto questo angolo della provincia di Siracusa, Milazzo e Gela si stanno aggiungendo altre perle. Alcune sono state bloccate, altre sono in forse, altre sono in ‘dirittura darrivo’.
I quattro termovalorizzatori che avrebbero dovuto essere realizzati nella nostra Isola sono tramontati. Il rigassificatore di Priolo e Melilli, nonostante lascarismo di politici e sindacalisti, è sfumato dopo che qualcuno ha avvertito il tintinnio di manette. Il rigassificatore di Porto Empedocle – una follia dellEnel che dovrebbe vedere la luce a un chilometro dalla Valle dei Templi di Argento – è congelato perché investire in questo settore non è più conveniente, ammesso che lo sia mai stato.
Rimangono in piedi il Muos di Niscemi, lelettrodotto nella Valle del Mela, in provincia di Messina, e linquinamento di Palermo e di alcuni centri vicini provocato dalla diossina e da altri veleni frutto dellincendio della discarica di Bellolampo.
Il Muos dovrebbe far ubriacare di potentissime onde elettromagnetiche gli abitanti di questi luoghi e, magari, bloccare pure laeroporto di Comiso (le antenne satellitari che gli americani stanno piazzando a Niscemi serviranno per individuare, con precisione millimetrica, i possibili obiettivi da colpire nel Mediterraneo e nel Medio Oriente: e non sarà certo un aeroporto siciliano a impedire agli americani una corretta visualizzazione dei possibili obiettivi da annientare con i missili). Per la Regione siciliana, in prospettiva, un aumento dei costi della sanità pubblica (li pagheranno gli americani?).
Lelettrodotto della Valle del Mela dovrebbe regalare agli abitanti di questarea del Messinese tante belle leucemie. Anzi, per precisione, dovrebbe potenziale le leucemie, visto che tale malattia è già piuttosto diffusa in questa zona, proprio grazie alla presenza di centrali elettriche. Con il nuovo elettrodotto il numero delle leucemie dovrebbe aumentare vertiginosamente. Anche per quest’area della Sicilia un aumento, in prospettiva, dei costi della sanità pubblica (li pagherà Terna?).
Ma se a Niscemi e nella Valle del Mela gli abitanti conoscono i pericoli che li aspettano, a Palermo e nel centri vicini si fa finta che il problema non esiste. Solo dopo che sono stati diffusi i dati allarmanti dellinquinamento da diossina (e da altri veleni) provocato dallincendio della discarica di Bellolampo, lassessorato regionale alla Salute, con quattro mesi di ritardo, nel silenzio generale di tutte le autorità, ha diramato una nota con alcune prescrizioni.
Avvertimenti a scoppio ritardato. Peraltro in massima parte ignorati. Basta recarsi nei supermercati di Palermo per verificare la presenza, sui banchi, di formaggi e ricotta dei paesi colpiti dalla diossina. Del resto, per la Regione, per il Comune e per la Provincia di Palermo, per l’Arpa (Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente) e per l’Asp 6 tutto è a posto. Lindifferenza della gente fa il resto. In prospettiva, anche in questo caso, un aumento dei costi della sanità pubblica a carico della Regione.
Riassumendo, le tradizionali aree industriali della Sicilia – Priolo, Melilli, Augusta, Gela, Milazzo – sono tra le più inquinate e pericolose dEuropa. A queste si aggiungono il Muos di Niscemi, lelettrodotto nella Valle del Mela e la diossina di Palermo e dei centro vicini.
Davanti a questi scempio la politica siciliana che fa? A parte il Movimento 5 Stelle – che da tre mesi ha una propria rappresentanza a Sala dErcole e sta già dando battaglia sia sul Muos di Niscemi, sia sullelettrodotto della Valle del Mela – cè ben poco.
Il Governo regionale di Rosario Crocetta ha annunciato il blocco dei lavori a Niscemi e nella Valle del Mela. Ma, per lappunto, li ha solo annunciati. A parole (siamo in campagna elettorale, no?). Su Palermo e i centri che stanno attorno alla città non si è nemmeno pronunciato. Su questi temi il Governo regionale di Rosario Crocetta dovrebbe fare ruotare la propria Rivoluzione.
Invece ruotano i dipendenti regionali. Al fumo della discarica di Bellolampo della scorsa estate si è aggiunto il fumo del Governo Crocetta. Dal fumo nellaria al fumo negli occhi. La speranza è che il Governo regionale non si limiti ai segnali di fumo.
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