LinkSicilia autonomista o indipendentista? Ragazzi, ci basta solo essere liberi

Egregio direttore,

leggiamo sempre con grande attenzione LinkSicilia. Alcune cose le condividiamo, altre, no. Poi ci sono alcune cose che non capiamo. Ci riferiamo ad un paio di articoli che avete pubblicato nelle ultime settimane.  Prima avete dato spazio alla grande manifestazione della Catalogna, che si vorrebbe separare dal resto della Spagna. Poi avete pubblicato un articolo a firma di Eugenio Preta dove si parla, senza mezzi termini, di indipendenza della Sicilia.

Abbiamo sempre apprezzato il vostro giornale per lo spirito autonomista e per il vostro tentativo, apprezzabile, di rilanciare l’Autonomia siciliana. Per caso, da autonomisti siete diventati indipendentisti? (a destra, manifestazione a Barcellona per l’indipendenza della Catalogna, foto tratta da spagna.blogosfere.it) 

lettera con più firme

Cari lettori,

se la Sicilia avesse applicato integralmente lo Statuto sarebbe già quasi indipendente. Purtroppo lo Statuto non è applicato integralmente, ma solo parzialmente. E noi siamo qui a discutere ancora perché non è stato applicato, di chi sono le responsabilità e bla bla bla.

Discorsi inutili che, alla fine, non portano da nessuna parte. Lei ci chiede se siamo diventati indipendentisti. Non siamo noi ad essere diventati indipendentisti: è la realtà politica, economica e sociali del nostro tempo che spinge tanti popoli verso l’indipendenza. 

Guardate l’Europa unità: è o no un mezzo disastro? Ci sono Paesi europei che se la passano bene, altri che sono in crisi. Proprio stamattina il nostro Roberto Salerno ha cominciato un ‘viaggio’ intorno ai temi economici dell’Europa. E proprio oggi riporta la dichiarazione di un economista – Dominick Salvatore – che prima dell’entrata in vigore dell’euro così scriveva: “Muovere verso una compiuta unione monetaria dell’Europa è come mettere il carro davanti ai buoi. Uno shock importante provocherebbe una pressione insopportabile all’interno dell’Unione, data la scarsa mobilità del lavoro, l’inadeguata redistribuzione fiscale, e l’atteggiamento della Bce che vorrebbe probabilmente perseguire una politica monetaria restrittiva per mantenere l’euro forte quanto il dollaro. Questa è certamente la ricetta per notevoli problemi futuri”.

I “notevoli problemi futuri” sono oggi realtà. L’Unione Europea, che viene propagandata come un’area di libertà, è in realtà una galera dalla quale tutte le persone di buon senso vorrebbero fuggire. I catalani sono un popolo molto intelligente: secondo noi più intelligente dei tedeschi che, storicamente, hanno sempre provocato grandi ‘casini’ economici, sociali e di altro genere.

Sono in tanti, oggi, a voler fuggire dalla galera demenziale dell’euro. I greci ci hanno provato, ma sono stati bloccati da uno strano referendum che, a noi, ha ricordato il plebiscito celebrato in Sicilia ai tempi di don Fabrizio Salina (o, per essere un po’ più vicini, le elezioni primarie del centrosinistra di Palermo del 4 marzo…).

Ora ci vogliono provare i catalani. Ci proveremo anche noi siciliani? Ci sembra difficile. Pensate: in Sicilia si contano 35 tra movimento sicilianisti, indipendentisti, separatisti, propugnatori dell’applicazione integrale dello Statuto e via continuando. E sono tutti rigorosamente divisi.

Tuttavia, continuare a chiedere l’applicazione dello Statuto non serve. Tra il 1945 e il 1946, i siciliani in rivolta non chiedevano l’autonomia: chiedevano l’indipendenza. Sulla base di questa richiesta ottennero l’Autonomia, che è frutto di un ‘Accordo pattizio’ tra lo Stato italiano e la Sicilia, che erano due ‘Stati’ diversi’.

Per vendicarsi di aver dovuto concedere un’Autonomia troppo ampia, lo Stato centrale ha negato l’applicazione delle parti più importanti dello Statuto, complice l’ascarismo della Democrazia cristiana che, storicamente, è il primo Partito che ha cominciato a ‘svendere’, pezzo dopo pezzo, l’Autonomia siciliana a Roma.

La sentenza della Corte Costituzionale di fine anni ’50, con la quale la Consulta si impossessa abusivamente delle funzioni dell’Alta Corte per la Sicilia è un capolavoro della Dc degli Aldisio, dei Mattarella e degli Scelba. Tra i grandi della Dc siciliana di quegli anni, l’unico che si indigna – che non è caso è sempre stato il più serio di tutti – è Giuseppe Alessi. Che si dimette dalla Regione e comincia a lavorare per dare vita a un nuovo Partito cattolico siciliano, federato alla Dc.

Alessi viene fermato dal suo stesso Partito, che lo toglie dalla Sicilia e lo manda a Roma: da allora fino a quando non deciderà di abbandonare la politica, Giuseppe Alessi verrà eletto ripetutamente al Parlamento nazionale, quasi che, negli anni ’60-’70 e ’80 del secolo scorso, il requisito richiesto a un siciliano che voleva fare carriera nella nella Dc era una provata fede nell’ascarismo allo stato puro.

E se qualcuno, benché importante, usciva da questo seminato – e magari era anche nemico dei mafiosi – come, ad esempio, Giuseppe D’Angelo, ecco che veniva messo subito da parte (quando non veniva direttamente ammazzato, come avvenuto il 6 gennaio del 1980 con Piersanti Mattarella, che non era né ascaro, né amico dei mafiosi, ma era riuscito lo stesso a diventare presidente della Regione: cosa che non gli è stata perdonata).

Perché, cari lettori, questa digressione? Intanto perché all’orizzonte politico siciliano non vediamo né un Giuseppe Alessi, né un Giuseppe D’Angelo, né un Piersanti Mattarella. Ciò significa che non abbiamo nemmeno “le carte in regola” pr andare a reclamare i nostri diritti a Roma.

Ammesso e non concesso che queste elezioni ci consegnino un nuovo presidente della Regione in grado di risollevare la Sicilia dal baratro in cui è precipitata in questi ultimi quattro anni, dobbiamo dire che, da Roma, non c’è da aspettarsi molto. Soprattutto se il nostro Paese, come sembra, continuerà ad essere prigioniero di quella creazione demenziale chiamata “eurozona”, tra euro, Bce, Patti di stabilità e politiche monetarie restrittive varie.

La verità è che il nostro Paese, ormai, non è più padrone del proprio destino. Ci stanno “liberando della libertà” con l’anestesia, ora prendendosi la sovranità monetaria, ora togliendoci quote sempre più importanti di sovranità popolare. I catalani l’hanno capito benissimo e vorrebbero abbandonare la Spagna. Mentre la Sicilia, già ‘spremuta’ da una classe politica di ascari, piena di precari e di spesa pubblica improduttiva, peraltro non più sostenibile, affonda lentamente.

Già in tanti Comuni dell’Isola non ci sono più i soldi per pagare gli stipendi ai dipendenti. Gli studenti pendolari sono stati privati del servizio di trasporto pubblico. Gli uffici della Regione chiudono alle 14,00 per non pagare l’energia elettrica. non sappiamo nemmeno che fine ha fatto l’Eas (Ente acquedotti siciliani), che abbiamo lasciato un mese fa con le bollette Enel non pagate.

Le imprese siciliane che hanno lavorato con la pubblica amministrazione non sono state pagate, pur avendo anticipate le spese per i lavori fatti. In tutto questo Rifondazione comunista, qualche settimana fa, ha pubblicato uno studio – passato inosservato – dove, numeri alla mano, si dimostra che i supermercati di Palermo e, in generale, ubicati in Sicilia sono i più cari d’Italia. E questo è due volte pazzesco. E’ pazzesco perché il reddito dei siciliani giustificherebbe supermercati con i prezzi medio bassi e non i più alti d’Italia! Ed è pazzesco per la seconda volta, perché il Governo della Regione, contro la logica economica, ha autorizzato l’apertura di centri per la grande distribuzione organizzata in numero eccessivo.

Ormai se ne contano così tanti che non solo mettono in crisi il piccolo commercio artigianale, ma si fanno la guerra tra di loro. A Palermo, per esempio, ha già chiuso Migliore e, adesso, il Centro Olimpo.

Insomma: c’è concorrenza spietata tra gli stessi centri commerciali, ma i prezzi dei prodotti restano i più alti d’Italia…  

In questo scenario non sappiamo che spazio potrà trovare il dibattito sull’Autonomia. Ma sappiamo che, molto presto – in Spagna e non soltanto in Spagna – torneremo a sentire parlare di indipendenza. Mentre in Sicilia, molto presto – a cominciare dal 25 settembre, manifestazione promossa dalla Cgil, Sindaci in piazza perché i Comuni sono senza soldi, tra tagli e gestioni truffaldine di acqua e rifiuti – avremo la gente per le strade, come nei gloriosi giorni di gennaio, quando i Forconi ci hanno fatto sognare… una bella rivoluzione!

g.a. 

 

 

Redazione

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