La crisi di Napoli sta facendo riemergere una fra le peggiori idee politico-giuridiche prodotte dall’Europa razzista del Novecento: la responsabilità collettiva, ovvero l’attribuzione di colpe non a singoli individui ma a tutto un popolo. Come dire che i rom sono una comunità delittuosa perché alcuni di essi hanno commesso dei crimini. Qualcosa del genere rischia di accadere con l’emergenza rifiuti, le cui responsabilità vengono sempre più spesso addebitate non già a specifici imprenditori, amministratori, politici, eccetera ma di volta in volta a due presunte popolazioni: i «meridionali» e i «settentrionali». Una deriva che riesuma i peggiori stereotipi, spacca il paese, confonde le acque.
Basta tornare al dibattito delle ultime settimane. Da una parte, la Lega ha puntato il dito contro i «meridionali», incapaci perfino di pulire casa propria, grettamente familisti, facili alle molotov, collusi con la camorra. Dall’altra, stampa locale e politici napoletani hanno accusato i «settentrionali» di aver usato la Campania come sversatoio di scorie industriali, di essersi accaparrati i ricchi appalti legati all’immondizia, di aver costruito impianti truffaldini.
E il peggio è che non si tratta del solito battibecco tra camicie verdi e plebe, visto che al ritorno in grande stile delle due Italie hanno contribuito personalità al di sopra di ogni sospetto. Dal Corriere della Sera a Repubblica, illustri opinionisti hanno insistito sui cosiddetti caratteri storici del Mezzogiorno, sulla debolezza culturale della sua società, sul silenzio morale della sua borghesia. Confermandone un’immagine poco meno che etnica. Per parte sua, con l’autorevolezza della carica, Giorgio Napolitano ha voluto ricordare che, nell’attuale emergenza, il Nord ha le sue gravi responsabilità. Parlando addirittura di «nordisti».
Ora qual è il problema? È che queste tesi sono divenute al tal punto popolari senso comune che diventa difficile anche soltanto discuterne. Alzi la mano chi non pensa, al Nord, che la crisi dei rifiuti sia l’ennesimo segno dei vizi dei «meridionali». E chi non pensa, al Sud, che sia colpa dei «settentrionali » se la Campania è inquinata dalle scorie tossiche. L’idea della responsabilità collettiva ha contagiato l’intera opinione pubblica. Peggio, sta costruendo due opinioni pubbliche contrapposte.
Naturalmente, l’emergenza è responsabilità politica, morale e forse penale di chi aveva gli strumenti per governarla. L’enorme maggioranza dei napoletani non ha alcuna parte in questa tragedia, né può far altro (e l’ha fatto) che sfiduciare con il voto i colpevoli. Né ovviamente c’entrano nulla i «settentrionali » con i reati commessi dalle imprese che hanno sede al Nord. Ma nessuno sembra ricordarsi di simili banalità. Dopo tutto, è più facile e più utile usare il linguaggio etnoculturale delle due Italie. Più facile perché sollecita demagogicamente l’opinione pubblica che si ritiene vittima degli «altri». Più utile perché cancella con un tratto di penna le responsabilità individuali. Che naturalmente (anche questa è una banalità) sono politiche.
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