Anche se non abbiamo ancora smaltito la sbornia elettorale, in attesa di comprendere di quale morte si debba esattamente morire, proviamo a riallacciare il filo del discorso sull’euro.
Abbiamo visto che il debito pubblico è aumentato anche grazie all’euro; abbiamo osservato come le politiche di austerità che servono a salvare l’euro condurranno ad una continua (e inutile) macelleria sociale e, adesso dopo aver parlato a lungo di uno dei diavoli dell’inferno (la svalutazione), è il momento di prendere di petto Satana in persona, l’inflazione. Quella cosa orribile da cui tutti vogliamo salvarci, che ci fa dormire poco la notte e dalla quale in questi anni ci ha salvato Mister euro. (foto a destra tratta da it.wikipedia.org)
Ma a volte, lo sapete anche voi, il diavolo non è poi così brutto come lo si dipinge. Nel caso dell’inflazione, messer Belzebù ha proprio goduto di cattiva stampa.
Come mai l’inflazione è stata identificata come la causa di tutti i mali? Facile, direte voi, l’inflazione fa aumentare i prezzi. Il broccolo che mi costava 1000 lire il lunedì, il martedì mi costa 1500 (ok, esagero, ma così ci capiamo meglio). Si capisce no, che è una cosa brutta? Un diavolo appunto.
Ma come mai il broccolo costava così tanto? Semplice, il pezzo di carta che io ho in mano e in cui c’era la bella figura di Verdi valeva prima quanto un broccolo, adesso no. Ma cos’era successo tra ieri e oggi? La prima sorpresa. Non si sa con esattezza. Sui motivi esistono, come in tutti i fatti economici, varie ipotesi.
Quella più diffusa riguarda la quantità di moneta in circolazione. Se abbiamo solo 1000 lire c’è poco da fare, non possiamo darne di più al venditore di broccoli e quindi lui si guarderà bene dall’aumentarlo. Ma se abbiamo 2000 lire, ecco che il broccolo, magicamente, costerà 1500 lire. E’ il meccanismo che abbiamo provato ad affrontare parlando della svalutazione. Chi ha avuto la pazienza di leggere quel pezzo (http://www.linksicilia.it/2012/10/uscire-alleuro-non-sara-la-fine-del-mondo-anzi/) ha ormai scoperto che l’interpretazione più diffusa, come spesso accade, è quella sbagliata.
Per quanto bisogna ricordare che di teorie economiche si tratta (e quindi certezze se ne hanno poche), pare che in realtà l’inflazione, più che alla quantità di moneta circolante (e quindi alla svalutazione), sia legata alle condizioni del mercato del lavoro. Funzionerebbe più o meno così. Io guadagno le solite 1000 lire e con quelle ci posso comprare varie cose (magari non solo il broccolo). L’anno prossimo voglio comprarmi una cosa che l’anno prima non avevo (magari le zucchine) o comprarmene due, di broccoli. Ma purtroppo devo chiedere l’aumento. Se il datore di lavoro me lo concede io l’anno prossimo avrò 1200 lire (fantascienza un amento del 20%… ma così ci capiamo).
Bene, quindi tutto a posto, posso comprarmi i due broccoli. No, invece no. Perché il mio datore di lavoro queste 200 lire che mi dà in più mica si rassegna a perderle di tasca sua. Aumenta il prezzo della roba che vende, facciamo scarpe. Le scarpe quindi prima costavano 2000 lire e adesso costano 2400 lire (sempre 20% è). Il buon venditore di broccoli ha bisogno del suo paio di scarpe. Ma non li trova più a 2000 lire, li trova a 2400 lire. Cosa volete che faccia il poveraccio? Aumenta il broccolo…
Ora, tutti voi capite che il discorso è più complesso perché di non solo broccoli e scarpe vive l’uomo. In genere, si prendono tutti i beni “significativi” (quelli cioè che ci sembrano molto importanti) e si infilano in un “paniere”. E si fa la media. Alla fine dell’anno (del mese, del trimestre) si guardano i prezzi del paniere e si fa la media. La differenza tra i due prezzi è la famosa inflazione. Che messa così potrebbe quindi non aver peggiorato nulla, ma lasciato tutto uguale a com’era. Per motivi facilmente intuibili e che si possono riassumere con la semplice considerazione che i prezzi non si adeguano rapidamente agli aumenti salariali, il meccanismo non è così automatico.
Altra sorpresa. Il salario aumenta ma i prezzi aumentano non nella stessa misura. Cioè, ci avreste mai creduto?, io ottengo le mie 1200 lire ma il broccolaio non è pronto ad aumentare il broccolo o lo aumenta di meno e quindi alla fine della fiera ci guadagno. Almeno questo è quello che dicono i dati. Nel senso che ogni volta che c’è stata alta inflazione è aumentata la ricchezza dei salariati. Non quella del produttore, attenzione. Quella dei salariati. C’è stata cioè una distribuzione del reddito che ha favorito i più svantaggiati.
Dal 1960 al 1980 l’Italia ha avuto un’inflazione in costante aumento. Bene, è stato il periodo migliore per i salari italiani. Che sono cominciati a decrescere, ma ormai l’avrete capito, negli anni ’80. E visto che ormai l’economia per voi non ha più segreti saprete da soli cos’è successo al tasso d’inflazione dal 1980 in poi. Bravi, esatto, è diminuito. Il tasso d’inflazione è crollato nel 1986, passando dal 9,2 al 5 (quasi la metà) e il poveretto non si è più risollevato. Quest’anno è intorno al 2,2%. Fantastico no? Se non siete lavoratori dipendenti sì. (a sinistra, foto tratta da corrieredelsannio.it)
Ah, ovviamente nel settembre del 1992, quando l’Italia fu costretta a svalutare la moneta e ad uscire dallo Sme, l’inflazione passò dal 5,1 al 4,8%. Vedete voi. E poi, dopo che avete visto, ricordatevi che un modo per tenere bassa l’inflazione è – anche, ovviamente, non solo come ho provato a spiegare – tenere il cambio fisso.
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