Step1 aveva solidarizzato con Franco Battiato in occasione del veto oppostogli in senato accademico per ragioni politiche: un episodio umiliante per il nostro ateneo. Ma è lecito dir male delle ultime prove di Battiato musicista? Ci ha provato, con grazia da garzone di un negozio di macelleria, il critico musicale di “Sicilia libertaria”, recensendo “10 stratagemmi” (2004). Prendiamo in prestito questa stroncatura, certi che gli estimatori di Battiato non mancheranno di far sentire la loro voce. (ndr)
Sul finire dell’estate, quando si ripulisce la casa da conchiglie, stelle marine e granelli di sabbia per fare spazio alle foglie dell’autunno e alle belle giornate d’ottobre può capitare, rovistando negli angoli dimenticati, di trovare nascosti tra le scorie che produce l’impianto stereo anche fastidiosi scarafaggi. Quelli in questione sono due cd, presumibilmente introdotti in casa da mani subdolamente amiche e poi vilmente dimenticati: “10 stratagemmi” di Battiato e “Parola d’onore” di
Roy Paci.
Per quanto riguarda quest’ultimo, l’urgenza della disinfestazione è divenuta palese appena il telecomando dello stereo ha puntato, come prima cosa, sulla traccia n. 7: “Malarazza”. Allo scoccare dei primi 15 secondi di sofferto ascolto, un igienico cacciavite ha provveduto al sanitario sfregio dei solchi e il discoide è stato prontamente riciclato come utile e simpatico sottobicchiere. Ma per “10 stratagemmi”, con lo stesso spirito di chi mette il naso sotto le coperte per odorarsi le scoregge, ci si è voluti masochisticamente immolare ad un’audizione più
prolungata.
Materializzandosi quindi sul bancone di macelleria dietro il quale ci onoriamo di scrivere l’ultimo cd di Battiato, la mano corre sveltamente al coltello grosso. L’invito al gesto esemplare è potente e a malapena trattenuto da questioni di convenienza.
Squartare il prodotto o il produttore? Logica imporrebbe di eliminare le fonti d’inquinamento, a rischio di provocare una congiuntura nell’industria musicale italiana, visto i fatturati e l’attivismo produttivo del nostro. Opere liriche, case editrici, quadri, programmi televisivi, films, libri, direzioni artistiche, produzioni, collaborazioni. E ancora: pensieri profondi, Gurdjeff, l’oriente, i Sufi, Stockhausen, musica per balletti, colonne sonore, conferenze. Quasi come le tigri che hanno mangiato carne umana e non sono più capaci di smettere.
Scartabellando tra le recensioni che hanno accompagnato questo molesto cd, salta subito agli occhi come la critica musicale nazionale non si sia lasciata sfuggire l’occasione per incensare con toni epifanici “10 stratagemmi”, riconfermando sempre più la propria attitudine al culto di novelli Padre Pio delle sette note. Le fatwe che i critici proclamano sono scritte ad occhi chiusi, accecati dal già detto e dal nome santo del profeta e dei suoi accordi, sempre gli stessi. Per i commenti e le produzioni editoriali riguardanti il nostro Fenomeno troppi, troppi alberi sono stati macerati senza un senso e una ragione; inoltre, c’è da dire che il nostro indebitamento con i paesi produttori di cellulosa è lievitato ulteriormente. Come se tutto questo non bastasse, riportano le agenzie di stampa che Franco Battiato è stato tra i vincitori della 25ª edizione del Premio della critica del mensile “Musica e Dischi”: cento critici appartenenti alle più importanti testate musicali nazionali hanno votato “10 stratagemmi” come il miglior album italiano del 2004 per la
categoria “Pop e Rock”. Critici: poi uno dice.
Dell’abbondante produzione musicale dei quattro decenni di carriera di F.B., compreso quest’ultimo disco, rimangono giusto quelle cinque canzoni buone per carmelitane in meditazione o per falò da spiaggia. Filo conduttore, una virulenta vena pop che incensi letterari, caffè arabi e versi esoterici hanno tentato vanamente di sedare, e che invece il buonsenso dei mutui da pagare ha sempre saputo tenere viva come previdente assicurazione sulla vita. Passando poi ad una veloce
scarnificazione del prodotto, due cose saltano subito alle orecchie: il sostanzioso, datato, riconfezionante apporto dei Krisma ed il ripetersi, il citarsi addosso, musicalmente e verbalmente del nostro. Per non parlare poi delle imbarazzanti stonature del professor Sgalambro Manlio, canterino dottore in filosofia. Fuori dal qualitativo, l’intelligenza non è che uno scacciapensieri per imbecilli, dice il Poeta.
Il fastidio che rende l’ascolto penoso e urticante, raggiunge l’apice appena arriva “I’m that”. Su un inutile arrangiamento, in questo brano Battiato dichiara alla nazione: “non sono per il martello, né per la falce, né tanto meno per la fiamma tricolore, perché sono un musicista”. Preceduta da un ammorbante tanfo di sacrestia, viene subito in mente la risposta che il nostro diede quando fu criticato per avere accettato di suonare alla festa di Alleanza Nazionale. Salmodiò il cantante, a mo’ di dogma, che “un sacerdote non si chiede per chi officia il rito”. Dovrebbe però chiedersi chi glielo commissiona e il Battiato questa domanda, in verità, non se l’è mai fatta. Dalla Festa dell’Unità al Papa, dai Radicali ai suoi brani usati nei congressi dell’UDC, dal festival
di Re Nudo a quello di Sanremo, il nostro si è sempre posto con
l’indifferenza del boia verso la propria vittima: di lavoro,
dopotutto, si tratta.
Pensare che la creatività, l’arte, possano essere rinchiuse in un mestiere o delegate esclusivamente ad una specifica categoria sindacale è un pregiudizio da schiavi abituati a misurare la propria libertà con la lunghezza della catena che li lega. La ripartizione dei ruoli, l’arte come produzione mercantile, la creatività individuale relegata al solo gesto del consumo, sono essenziali al nasci/produci/consuma/crepa che la quotidiana Gorgone mediatica ci offre come sola felicità possibile. In un mondo dominato dall’economia, la licenza viene ormai spacciata per libertà.
Devoti alla Bellezza, abbiamo quindi immediatamente provveduto a passare una leggera mano di carta vetrata sui solchi del cd in questione, rifinendo successivamente il tutto con la fiamma dell’accendino. Rimettendo poi “10 stratagemmi” sullo stereo, l’ascolto si è rivelato subito più gradevole, certamente più interessante e sicuramente meno rimbambente.
Alla fine di questa creativa ed artistica operazione, l’aria della stanza era cambiata: meno pesante, più fresca e disinfettata dal trombonesco. Previa successiva purificazione delle orecchie mediante l’ascolto ripetuto e ad altissimo volume di “Ace of Spades” dei benemeriti Motorhead, sullo stereo e sui nostri cuori è quindi ritornato Nick Cave con la sua indispensabile “Into my arms”, riportandoci ad appassionati profumi estivi ed a nutritive parole d’Amore.
Franco Battiato, nel frattempo, lavorava ad una nuova sceneggiatura, ad un’opera lirica, ad un disco, ad una conferenza, ad un programma televisivo, stava accordando la chitarra, organizzando un festival, dipingendo un quadro, leggendo uno spartito, dorando un’icona, sbadigliando al pianoforte, spolverando il mixer, finendo di pulire la lettiera della gatta. Dura, la vita dell’artista.
Fuori, indifferente a queste miserie, era intanto arrivato – come dice la canzone – l’autunno.
E-mail Aldo Migliorisi: al_mig@hotmail.com
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