Licia Gioia, confermata l’assoluzione del marito poliziotto Tesi del suicidio della marescialla non convince la famiglia

È stata confermata in Appello l’assoluzione per Francesco Ferrari, il 47enne agente di polizia, in servizio a Siracusa, imputato per l’omicidio di Licia Gioia, la sottufficiale dei carabinieri di 32 anni e originaria della provincia di Latina trovata senza vita la notte tra il 27 e il 28 febbraio del 2017 con un colpo di pistola alla testa, nella camera da letto della villetta della zona di contrada Isola, dove la coppia viveva. A presentare ricorso, dopo la sentenza del gup del Tribunale di Siracusa emessa circa un anno fa, era stata la famiglia della vittima.

In una prima fase delle indagini, il 47enne era stato indagato per istigazione al suicidio, poi i pubblici ministeri avevano deciso di procedere per omicidio, ipotizzando che il delitto fosse maturato al culmine di un diverbio della coppia. Ferrari ha sempre sostenuto la tesi del suicidio della moglie che, a suo parere, già in altre occasioni avrebbe manifestato l’intenzione di togliersi la vita. Dopo le relazioni dei periti del tribunale, il pm Gaetano Bono, si sarebbe convinto della mancanza dei presupposti per una condanna per omicidio. Ora, dopo la sentenza della Corte d’appello di Catania, per la famiglia non resta che il ricorso in Cassazione.

Dalla pistola di ordinanza della marescialla – che, tra le altre cose, aveva anche arrestato Christian Leonardi, il marito dell’infermiera siracusana Eligia Ardita che è poi stato condannato all’ergastolo – quella sera sono partiti due colpi. Secondo la ricostruzione fatta Ferrari, la moglie lo avrebbe raggiunto a letto, si sarebbe seduta accanto a lui sul letto, si sarebbe puntata la pistola all’orecchio e avrebbe premuto il grilletto. Stando alla versione che l’uomo ha sostenuto durante il processo, il secondo proiettile sarebbe partito nel tentativo di disarmarla. Tra un’esplosione e l’altra, però, sarebbe passato meno di mezzo secondo.

Per il medico-legale della procura Francesco Coco, l’ipotesi più probabile era che la donna avesse tentato di sfuggire a qualcuno e che il secondo colpo non sarebbe stato immediato. Un elemento che dimostrerebbe che a spararlo non sarebbe stata Gioia. Un altro elemento su cui si sono scontrati accusa e difesa riguarda gli schizzi di sangue trovati sul palmo della mano destra della vittima. Un dato che, almeno secondo i legali della famiglia della vittima, non sarebbe compatibile con l’ipotesi del suicidio: impugnando la pistola con la mano destra, il sangue non sarebbe potuto finire nel palmo chiuso. Per i periti del tribunale, però, non ci sarebbe nessuna incompatibilità.

Licia muore in pigiama, con i denti lavati e con la crema da notte appena spalmata sul corpo. I genitori sono certi che non si sia suicidata, il marito invece è convinto che fosse depressa da tempo e che, per questo, si sarebbe sparata. Durante l’interrogatorio, Ferrari ha raccontato che quel giorno litigarono, anche per messaggi. All’origine dello scontro, secondo l’uomo, ci sarebbe stato il disappunto di Licia per il legame che continuava ad avere con la famiglia della sua ex moglie (anche lei poliziotta), dalla quale ha anche un figlio, e in particolare per la decisione di partecipare al funerale dell’ex cognato. Quel pomeriggio, Ferrari ha detto di avere ricevuto una foto inquietante dalla moglie, dove si vedono i suoi piedi penzolanti da un dirupo che dà sul mare e di essere andato a prenderla a Ortigia. In realtà, il padre controbatte di averla sentita tranquilla, dopo le 17, mentre era al bancomat a prelevare. In programma la donna avrebbe avuto anche degli acquisti. Con tanto di lunga lista di cose da fare nel mese seguente.

Marta Silvestre

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