Un pezzo di Catania in cui «non manca mai l’offerta di lavoro». Dove un impresa privata riesce a trovarti un posto fisso in meno di dieci minuti con la promessa di riuscire a guadagnare fino a 100 euro al giorno. Un libro dei sogni che però nasconde vincoli inscindibili e che oggi si arricchisce di nuovo capitolo titolato Chilometro zero. A scriverlo sono i carabinieri e la protagonista, dietro le quinte, è ancora una volta Cosa nostra catanese.
Il palcoscenico? Il quartiere Librino, periferia sud di Catania, dove i militari hanno portato a termine un’operazione antidroga con 36 arresti. Un sodalizio criminale al cui vertice ci sarebbe stato Rosario Lombardo, conosciuto nell’ambiente come Saro ‘u rossu. Storico boss di punta della famiglia Santapaola-Ercolano capace, secondo gli inquirenti, di trasformare l’area intorno alla sua abitazione, al civico tre di viale Biagio Pecorino, in un fortino della droga. Pusher e vedette dotati di ricetrasmittenti si sarebbero alternati per mesi con una gestione militare degli affari. Basati su turni, compensi e vincoli. Come quello di ricevere una sovvenzione settimanale in denaro per sopperire alle spese della detenzione. O quello di tornare a spacciare una volta scarcerati.
Per chi era in libertà e si occupava di stare in strada a vendere al dettaglio o fare da vedetta lo stipendio variava da 50 a 100 euro al giorno. In caso di problemi, secondo quanto emerso nel corso delle indagini che riguardano i primi sette mesi del 2016, l’organizzazione sarebbe riuscita a trovare dei sostituti in meno di dieci minuti. Gli inquirenti, con l’indagine affidata alla compagnia provinciale di Catania dei Carabinieri, hanno filmato grazie a una telecamera numerosi passaggi di droga, consegne di denaro e persino le attività di un dipendente assai precoce. Un bambino di appena sei anni, figlio della compagna di uno spacciatore, che si sarebbe occupato di fare la spola tra chi vendeva e chi riceveva il denaro.
Lombardo, boss malato e per questo per lungo tempo ai domiciliari nella sua casa di Librino, avrebbe gestito gli affari seduto in poltrona. Presunto amministratore di un business da 200 cessioni di droga al giorno con turni dalle 8 del mattino alle 2 di notte. Durante l’inchiesta il boss, conosciuto per la sfrenata passione per la musica neomelodica, a marzo 2016 finisce in carcere – e poi ai domiciliari in una località segreta lontana da Catania – per una condanna in appello a 20 anni. L’organizzazione però non si trova impreparata con Lombardo che si aspettava l’esito. A questo punto entra in scena un uomo che gli inquirenti descrivono come «di sua assoluta fiducia». Identikit che viene associato dalla procura, in conferenza stampa il procuratore capo Carmelo Zuccaro e il sostituto Rocco Liguori, al nome di Gabriele Strazzeri, 22 anni.
Nel bunker della droga di viale Biagio Pecorino, tra androni e scale inaccessibili per le forze dell’ordine, venivano vendute per la maggiore marijuana e cocaina. Il fumo al dettaglio al costo di cinque euro al grammo, mentre la polvere bianca al prezzo di 20 euro a dose. E se per quest’ultima è stato impossibile individuare i fornitori, per quanto riguarda la marijuana il principale canale d’approvvigionamento era quello della cosca dei Nizza, sempre interni ai Santapaola ma monopolisti tra Librino e San Cristoforo per l’import di sostanze stupefacenti.
Per garantire maggiore sicurezza alla rete di spaccio, l’organizzazione riconducibile a Lombardo e Strazzeri obbligava gli acquirenti a contattare un pusher, solitamente con il volto coperto, che si occupava dell’ordinazione. Il denaro veniva inserito in una bottiglia appesa con una corda, che poi veniva tirata via da una posizione sopraelevata. A questo punto il compratore veniva fatto entrare in un garage e da una grata, posta sempre in alto, un pusher faceva cadere la bustina. Durante le indagini è stato sequestrato, durante una perquisizione a casa di Christian Strazzeri, pure una sorta di libro mastro della droga, con nomi e cifri.
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