Ogni incontro e ogni abbraccio. Tutte le parole e le canzoni ascoltate assieme. Le passeggiate, il primo e l’ultimo bacio. Fino a maggio. Luciano Bruno della sua Raffaella Carrara ricorda tutto. Lei è Principessa, la donna che ha incontrato quasi per caso nel 2009 e che dopo qualche tempo è diventata la sua compagna, prima di morire a causa di una leucemia. Bruno – autore teatrale che nel 2010 ha ricevuto una menzione al premio Ubu per lo spettacolo Librino – ha deciso di parlare del suo immenso dolore nella maniera che gli viene più naturale: sul palco. Stasera il suo «racconto a soggetto di un amore infinito» debutterà al Campo San Teodoro, a pochi chilometri dal luogo nel quale quasi due anni fa è stato minacciato di morte. «Ho unito l’utile al dilettevole – racconta – Far conoscere la storia di Raffaella e fare della terapia, parlando di lei».
Luciano Bruno incontra Raffaella nel 2009, durante una protesta contro i tagli alla scuola pubblica. «Collaboravo con il giornale U Cuntu e avevo deciso di scrivere un pezzo – spiega – Lei era un’insegnante di sostegno di Lettere, a quel tempo era precaria e lavorava a Librino». A Bruno, nato e cresciuto nel quartiere, chiede qualche consiglio, «soprattutto su come sfruttare le potenzialità dei bambini». I due si perdono di vista e si incrociano ancora una volta nel 2011. Si scambiano i rispettivi contatti Facebook. «Abbiamo cominciato a chattare – dice – Ogni volta che vedevo il pallino accanto al suo nome diventare verde avevo una forte emozione».
Ad agosto si incontrano un’altra volta e assieme ad alcuni amici vanno a vedere le stelle cadenti sull’Etna. «Eravamo in macchina e le nostre mani si sono unite – afferma ancora stupito – Non chiedermi perché, non so spiegare il motivo, le nostre mani si sono trovate». Da quel momento inizia un corteggiamento serrato: «Devo farle sapere tutto quello che penso, mi sono detto, così le ho postato una canzone: L’emozione non ha voce, di Adriano Celentano. Ogni giorno le mandavo un sms con su scritto “Buongiorno Principessa”, e la sera “Buonanotte Principessa”». Alla fine Raffaella cede alla corte e, complice la voglia di festeggiare il passaggio di ruolo, i due escono per il primo appuntamento. «Era il 29 agosto – ricorda – Avevamo appuntamento alle 20.25, ma già un’ora prima ero pronto. No sacciu picchì», commenta ancora stupito da tutta quell’emozione. «Avevo paura della delusione, perché senza di lei ormai non potevo più stare».
Quello che viene dopo «è un anno meraviglioso», che si interrompe il 29 giugno 2012. «Quella è stata l’ultima volta che l’ho vista ridere». Luciano Bruno e Raffaella Carrara partono per una crociera, ma durante il viaggio la donna sta male. Un malessere, inizialmente collegato a un problema ai denti, che diventa acuto a Venezia, in piazza San Marco. «Si è pietrificata in mezzo alla piazza, non riusciva più a muoversi». Tornati a Catania, iniziano le visite mediche. Il verdetto è senza scampo: leucemia mieloide acuta. «Inizia a fare la chemioterapia. L’ospedale Ferrarotto diventa la mia seconda casa. Non potevo più nemmeno prenderle la mano, era senza difese immunitarie, avrei rischiato di ucciderla». Dopo 78 giorni in cui ogni contatto è vietato, «il 25 novembre mi chiede di farle togliere la flebo, vuole camminare. Mi ha detto: “Voglio solo un abbraccio”. È stata una sensazione indescrivibile».
Lo stato di salute dell’insegnante, lentamente, migliora fino a quando non viene disposto anche il trapianto di midollo. Così inizia un secondo ciclo di chemioterapia preparatoria per l’intervento. «Ma non avevamo fortuna – afferma con amarezza l’autore – Il giorno in cui è previsto l’arrivo dell’aereo con il midollo, il 19 marzo, l’Etna era in attività e l’aeroporto Fontanarossa è stato chiuso». Il volo atterra allo scalo militare di Sigonella e finalmente i medici possono fare l’infusione. La donna supera anche una febbre altissima causata da una cannula infetta e torna a casa. «Passa un anno e mezzo, il più bello della vita – spiega – Per me, che l’avevo vista arrivare vicino alla morte, anche la passeggiata più breve era una cosa meravigliosa». Qualche mese dopo, la speranza di aver ormai superato una terribile tempesta è sempre più forte, tanto che l’insegnante spera di tornare a lavoro già ad aprile.
Ma in classe la professoressa Carrara non tornerà mai più. Le nuove analisi sono pessime. «Mi è crollato il mondo. Come quando i bambini fanno i castelli di sabbia e qualcuno li porta via». Un altro ricovero, ancora medicine, nuovi esami che mostrano metastasi ormai ovunque. «Il 5 maggio era il giorno del suo compleanno, le ho regalato un bracciale con inciso Tu si na cosa grande, come la canzone di Domenico Modugno». Arriva il 24 maggio e Principessa chiede al suo compagno di prenderle la mano. Un’ultima volta.
«Principessa è uno spettacolo intimo. I quattro anni passati assieme sono stati importanti». Ma non si tratta solo di un racconto personale: c’è la denuncia di mancanza di sensibilità di medici freddi e distaccati, di trafile burocratiche e impersonali. Nessuna replica prevista, dopo il debutto di stasera. «Forse un’altra la farei allo Stabile, ma soltanto il giorno del compleanno di Principessa. Sarebbe il mio ultimo regalo per lei».
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