Sono stati pubblicati ieri in Gazzetta Ufficiale e fissano le elezioni per l’11 settembre. Sono i decreti con cui, di fatto, prende vita la riforma delle ex Province, con l’elezione dei sei Liberi consorzi siciliani. Tolte, infatti, le tre Aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina – dove si sono già insediati i rispettivi sindaci dei capoluoghi, Leoluca Orlando, Enzo Bianco e Renato Accorinti – rimangono gli enti intermedi di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani.
Bisognerà votare i presidenti e i consiglieri delle ex Province. Urne aperte dalle 8 alle 22, mentre lo scrutinio avrà luogo il giorno successivo a partire dalle 8 del mattino. Gli uffici elettorali saranno istituiti presso le sedi dei Liberi consorzi.
A eleggere i presidenti dei Liberi Consorzi saranno sindaci e consiglieri comunali in carica, con il sistema del voto ponderato. Il peso di ogni singolo voto di un sindaco, insomma, non sarà uguale, ma dipenderà dalle dimensioni del Comune che si amministra.
Potranno candidarsi alla carica di presidente i sindaci dei Comuni appartenenti allo stesso Libero consorzio. Il presidente è il legale rappresentante dell’ente, sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici, nonché all’esecuzione degli atti. Sarà lui a nominare i componenti della giunta del Libero consorzio, tra i quali il proprio vice.
Un percorso che potrebbe filare liscio, se non fosse che il pasticcio della riforma in Sicilia continua a portare con sé numerosi strascichi. Non per ultimo, la scelta del Partito Democratico all’Ars di smentire per l’ennesima volta il governatore Rosario Crocetta. Se, infatti, in Gazzetta Ufficiale si parla di elezioni per il prossimo 11 settembre, i democratici di Sala d’Ercole hanno già presentato un emendamento, che sarà discusso martedì prossimo, per posticipare la data al 30 ottobre, facendola coincidere con il rinnovo delle cariche per le Aree Metropolitane.
Non c’è pace, quindi, per le ex Province e la politica non sembra avere imparato la lezione, nonostante il rigore di Roma nel non aver inserito la Sicilia nella redistribuzione delle risorse destinate agli enti intermedi, proprio a causa dei ritardi nell’approvazione della riforma. E per la prossima querelle politica bisognerà aspettare solo fino a martedì.
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