Sono passati ben 33 anni da quel pomeriggio di settembre, da quella finta rapina che rubò la vita di Lia Pipitone. Malgrado i tanti anni passati e ancora il mancato riconoscimento della donna come vittima di mafia – per cui è in corso un processo -, nuove generazioni di studenti e ragazzi continuano a conoscere e a mettere in circolo la sua storia di libertà. «Sarebbe bello provare a far diventare questa scuola un polo per le pari opportunità ed estendere la nostra esperienza a tutta la città». Sono le battute finali pronunciate questa mattina da Domenico Di Fatta, preside del Liceo delle Scienze Umane e Linguistico Danilo Dolci, che insieme al cantautore palermitano Fabio Guglielmino ha ricevuto il Premio Lia Pipitone, istituito e consegnato dall’associazione antiviolenza Millecolori onlus, da Libera Palermo e dal comitato ParteciPalermo, rispettivamente per l’opera Nel nome di Lia, realizzata dagli alunni dell’istituto, e per il brano Come vorrei che fossi qui.
«Il merito di questo premio è tutto dei ragazzi», ha aggiunto emozionato il preside. Ad ascoltarlo nella gremita aula magna della scuola è un gruppo di giovani in fermento. Sono soprattutto i ragazzi delle classi VB, VM, IIG, IIIG, IVG e IVF, coinvolti in prima persona nella realizzazione dell’opera, oggi proiettata davanti a tutti, con la collaborazione delle docenti Anita Sansone, Olma Borgetto e Clelia Lombardo, che precisa: «Questo progetto è durato due anni. Siamo forse l’unico liceo attento a queste problematiche e intenzionato a educare i ragazzi alla differenza di genere e alla non violenza».
Non è un caso, infatti, che i due premi siano stati consegnati proprio oggi, anniversario dell’uccisione di Lia: «Sono passati 33 anni, ma oggi siamo qui per ricordare la sua vita, non la sua morte», dice Adriana Argento, responsabile dell’associazione antiviolenza Millecolori onlus, intitolata proprio alla donna. «Per Lia la scuola era un luogo importantissimo – continua Argento -, l’unico in cui non era la figlia di Antonino Pipitone ma una ragazza libera, piena di sogni e progetti». Una storia di libertà, quella della ragazza condannata a morte dal padre che preferì difendere l’onore, che bisogna fare conoscere, soprattutto ai giovani affinché si possa «formare in loro un pensiero sociale».
«Lia fa parte delle storie nascoste di Palermo», prosegue Giovanni Pagano, coordinatore del comitato provinciale di Libera Palermo. «Quando pensiamo a qualche vittima della mafia, ci vengono subito in mente magistrati e uomini dello Stato. In realtà ci sono tante altre vittime meno note – dichiara Pagano – Lei non voleva contrastare il padre nelle sue attività illecite, voleva solo farsi la sua vita, ma le è stato negato il diritto alla libertà». Una storia crudele, che non solo dà contezza della sfortuna di questa donna di essere nata in una famiglia mafiosa, ma anche della portata repressiva tipica di Cosa nostra.
E mentre Guglielmini imbraccia la sua chitarra e intona il suo brano a chiusura della premiazione, fra gli studenti qualcuno tace, qualcuno si distrae col cellulare, qualcun altro sussurra all’orecchio del vicino quanto sia stato emozionante conoscere la storia di questa donna. L’appuntamento rimane per l’anno prossimo: «Le tre associazione hanno deciso di istituire un piccolo premio in modo che ogni 23 settembre si possa ricordare Lia con dei concorsi di idee rivolti ai ragazzi», spiega Francesco Bertolino, consigliere comunale e fondatore di ParteciPalermo. «Stabiliremo un regolamento e faremo un bando da rivolgere alle scuole. Siamo convinti che ognuno di noi debba essere, in qualche modo, testimone di queste storie».
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