«Il signor Nicotra pagava 50 euro a voto. Io stesso mi sono venduto il consenso. Al mille per mille». Alberto Spampinato, un passato nelle file della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola, non ha nessuna esitazione quando parla davanti ai magistrati della procura di Catania. Ad Aci Catena e dintorni per molti anni mafiosi e politici si sarebbero accomodati allo stesso banchetto. Un binomio torbido che avrebbe coinvolto non solo l’ex deputato regionale dem Pippo Nicotra, finito in carcere perché accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e tentata estorsione, ma anche una lunga lista di amministratori locali, galoppini e boss di primo piano dei Santapaola-Ercolano. «Siamo andati a votare, abbiamo scattato la fotografia e quando siamo usciti l’abbiamo fatta vedere a questo Angelo e ci ha dato 50 euro». Le parole del pentito fanno riavvolgere il nastro dei ricordi al 2003-2004. Spampinato ha poco più che vent’anni e racconta come sarebbe andata la compravendita in quelle elezioni comunali. Individuando anche chi si sarebbe prodigato a distribuire banconote davanti a un seggio in un quartiere popolare. «Non fa parte del mio gruppo (Angelo, ndr) ma ha spesso aiutato Nicotra […] Ha diversi cantieri per la manutenzione delle strade ma non ho idea di come abbia ottenuto questi lavori», si legge nell’ordinanza dell’inchiesta Aquilia.
Quando c’era da cercare voti per Nicotra si muoveva tutto il clan
«In paese si è saputo da sempre – continua il pentito – Ascenzio Maesano (ex sindaco non indagato in questa vicenda, ndr) appartiene ai Laudani mentre Nicotra ai Santapaola». L’ex inquilino dell’Assemblea regionale siciliana viene bollato dagli inquirenti come un «sistematico fiancheggiatore del gruppo mafioso di Aci Catena». Trame intessute, secondo l’accusa, per ottenere consensi e in cui si sarebbe ritagliato il suo ruolo Alfio Brancato, da tutti conosciuto come Alfio Pio. Quarantaquattro anni e l’accusa di essere uno dei referenti della mafia catenota. A lui, per esempio, la famiglia Santapaola avrebbe fatto riferimento per il pagamento di alcune somme da parte di Nicotra. Soldi, per svariate migliaia di euro, che l’ex deputato avrebbe versato alle casse di Cosa nostra nella sua veste di imprenditore. Un dettaglio raccontato ai magistrati da Santo La Causa, ex reggente – oggi pentito – della famiglia catanese di Cosa nostra. Ed è proprio lo stesso capomafia a sostenere di avere avuto con Nicotra un faccia a faccia negli anni in cui era tra i latitanti più ricercati d’Italia. «Si tratta di una persona che abbiamo sostenuto nelle campagne elettorali – chiosa il collaboratore – e che per me era particolarmente interessante perché volevo il suo interessamento politico per il cambio di destinazione d’uso di alcuni terreni nel Comune in cui era sindaco». Ma come fa La Causa ad arrivare a Nicotra? Stando alle sue parole l’input decisivo gli sarebbe arrivato da alcuni referenti mafiosi locali: «Mi dissero che lui era “nelle loro mani“. Non solo pagava lo stipendio per i suoi supermercati ma anche perché aveva ottenuto sostegno elettorale». L’incontro La Causa-Nicotra sarebbe avvenuto con forme e modalità per certi versi curiosi. Il boss, consapevole di essere ricercato, si sarebbe recato dal deputato travestito da benzinaio, con tanto di parrucca e occhiali con montatura avvolgente.
La tensione sale, stando alla ricostruzione dei pm, quando La Causa decide, nel 2012, di collaborare con la giustizia. In mezzo alle telefonate intercettate finiscono anche quelle in cui l’ex deputato discute con il suo interlocutore proprio sulle possibili ripercussioni di eventuali rivelazioni. «Cosa può dire?», chiede Nicotra. La risposta arriva anni dopo: «So che Alfio Pio ricevette 20mila euro per il suo interessamento in ordine alla raccolta dei voti». Altro grande accusatore del politico è Gaetano Vinciguerra, ex responsabile mafioso di Aci Catena che sostiene di avere conosciuto Nicotra nel 2001. Le sue dichiarazioni, risalenti ad alcuni verbali del 2015, mettono nero su bianco altri presunti versamenti di denaro per le elezioni comunali 2004/2005. «Ha pagato 50mila euro ed è successa una cosa analoga per le successive elezioni del 2008». «Quando occorreva raccogliere voti per Nicotra si muoveva tutto il clan. Alfio Pio pagava gli elettori anche con somme di 100 euro e anche i Laudani davano una mano». Tra le presunte ricompense però non ci sarebbe stato solo il denaro ma anche posti di lavoro di cui avrebbero beneficiato alcuni familiari di Pio. La macchina mafiosa del consenso pro Nicotra si sarebbe mossa pure in altri Comuni della provincia, tra i quali Bronte, Acireale e Catania.
Quando però non era l’ex deputato a essere direttamente candidato sarebbero scattate le sponsorizzazioni politiche. L’esempio, citato da Vinciguerra, riguarderebbe una tornata delle comunali di Aci Catena. Occasione in cui Nicotra avrebbe appoggiato la candidatura a sindaco di un uomo dell’Udc. «Anche in questo caso ha pagato il mio clan con 40mila o 50mila euro. I soldi sono stati consegnati in più tranche». Accuse che si sommano a quelle di Mario Sciacca, anch’egli collaboratore di giustizia. «Nicotra? Faceva regali due volte l’anno, in cambio dei quali riceva protezione dai Santapaola». Tanto che nel 2008 gli autori di una rapina, tra cui lo stesso fratello del pentito, sarebbero stati picchiati per avere preso di mira uno dei supermercati di proprietà del politico. In quelle attività commerciali, conclude, «lavoravano moltissimi familiari di esponenti dei Santapaola».
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