A ROMA COME A PALERMO LA POLITICA TRADISCE SE STESSA. LA DEMOCRAZIA PARLAMENTARE VIENE SVILITA. LA NOSTRA ISOLA SEMBRA ADDIRITTURA FALLITA, MA TUTTI FANNO FINTA DI NON ACCORGERSENE. FORSE IL GOVERNATORE E L’ASSESSORE PENSANO CHE I SICILIANI SENZA SOLDI FARANNO LA FINE DI UN CELEBRE ASINELLO…
Per l’Italia e per la Sicilia si chiude oggi una settimana politica e parlamentare piena di incognite. A Roma è caduto il Governo Letta e si sta insediando il Governo Renzi senza che il Parlamento abbia preso atto di qualcosa. Il problema non è solo istituzionale: è anche politico. Di fatto, il Quirinale sta avallando il passaggio della centralità politica dal Parlamento al Governo. Non ci sembra un grande risultato che il capo del Governo uscente abbia parlato a giornali e tv e non in Parlamento. (a sinistra, foto tratta da ilmegafonolistacrocettamilazzo.blogs)
In tutto questo le consultazioni avviate dal Quirinale per la nascita del nuovo Governo sembrano una perdita di tempo, sia perché il Parlamento è stato esautorato, sia perché Renzi avrebbe già pronta la lista dei ministri del nuovo Governo. Di fatto, il Parlamento prenderà atto del nuovo esecutivo a giochi fatti.
In questo scenario ha ragione da vendere Beppe Grillo quando dice che non andrà alle consultazioni avviate dal Quirinale, perché sono “una presa per il culo”. Nemmeno la Lega parteciperà alle consultazioni. Peggio di così – con una crisi di Governo extra-parlamentare – non si poteva cominciare.
A Sinistra Nicky Vendola ritrova gli antichi ardori e annuncia che Sel non farà parte del Governo. Gesto di coraggio che dovrebbe sancire la rottura definitiva tra Sel e un PD che non è diventato, come scrive qualcuno, la nuova Dc, ma una formazione politica di stampo liberista. La Democrazia cristiana era un Partito interclassista, le idee di Renzi, invece, coincidono perfettamente con quelle della destra ‘europeista’ fatta di tagli alla spesa pubblica e di austerità. In ogni caso ne sapremo di più dopo le dichiarazioni programmatiche in Parlamento e, soprattutto, dai primi atti di Governo.
La sensazione è che Renzi stia partendo con il piede sbagliato. Infatti, se dentro il PD può contare su una maggioranza schiacciante, in Parlamento lo scenario potrebbe prospettarsi diverso. Ne era convinto lo stesso nuovo capo del Governo, quando, fino a qualche settimana fa, dava per scontate nuove elezioni per rafforzare la propria leadership anche in Parlamento. E’ evidente che renzi, oggi, ha paura delle elezioni. Teme di perdere.
Non è chiaro nemmeno lo schieramento che dovrebbe sostenere Renzi. Scelta Civica – Partito destinato a scomparire alle prossime elezioni, se è vero che è già scomparso nell’immaginario degli italiani, soprattutto dopo le rivelazioni che coinvolgono Monti – farà parte del Governo. Ma questo indebolisce e non rafforza l’esecutivo guidato dal segretario del PD.
Anche la presenza del Nuovo centrodestra democratico di Angelino Alfano non dà alcuna garanzia. Alfano e i suoi sono, sotto il profilo strettamente ‘tecnico’, dei “traditori”. E in politica, chi tradisce una volta è destinato a ripetere i tradimenti. Berlusconi non ha tutti i torti quando definisce Alfano e i suoi “gli utili idioti della Sinistra”. Il Cavaliere sa che quando le cose cominceranno a mettersi male, gli attuali collaboratori di Angelino busseranno alla sua porta. E lui è pronto ad accoglierli.
Non riusciamo a capire l’atteggiamento dell’Udc. Qualche settimana fa Casini aveva indossato i panni del figliuol prodigo, ritornando nell’ovile di Foza Italia. Ora non riusciamo a comprendere che cosa sta succedendo. In tv dicono che Vietti, fedelissimo di casini e attuale vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, potrebbe essere il nuovo Ministro della Giustizia. Se sarà così, se l’Udc entrerà nel Governo Renzi, Casini farebbe bene a dimettersi dalla politica.
Ma se Roma piange, in Sicilia non si ride. Da quando il Governo di Rosario Crocetta ha incasinato la Sicilia con una Finanziaria fuori legge è passato quasi un mese. Mezza Amministrazione regionale è senza soldi. Oltre 30 mila persone – molti de quali capifamiglia – a gennaio non hanno percepito lo stipendio. E resteranno a bocca asciutta anche a febbraio.
La sensazione è che il governatore Crocetta e l’assessore all’Economia, Luca Bianchi, stiano ripercorrendo le gesta del titolare di quell’asinello che un giorno decise di dimezzare la razione di biada al proprio animale. L’asinello ci rimase male, ma tirò a campare. Continuando a lavorare.
Visto che non era successo nulla, il padrone dimezzò ulteriormente la razione di biada. L’asinello dimagriva a vista d’occhio, ma continuava a lavorare sempre più affaticato.
Il padrone dimezzò ulteriormente la razione di biada e poi la dimezzò ancora fino a quando l’asinello morì. A quel punto il padrone sospirò: “Peccato, ora che aveva imparato a lavorare senza mangiare è morto…”.
E’ questo quello che pensano Crocetta e Bianchi dei tanti siciliani che hanno lasciato senza risorse? Beh, se pensano che i siciliani rimasti senza risorse si tolgano di mezzo in silenzio per fare una cortesia al presidente e all’assessore, beh, si sbagliano di grosso. Se i siciliani si cominceranno a incazzare non sappiamo chi è che farà la fine degli asini… (foto sopra).
Finora Crocetta e Bianchi hanno trovato organizzazioni sindacali fin troppo accondiscendenti. Ma, forse a partire dalla prossima settimana – visto che l’Ars si attarda ancora sull’inutile disegno di legge su soppressione delle Province e sull’altrettanto vacua istituzione di città metropolitane e consorzi di Comuni – la gente dovrebbe iniziare a scendere in piazza.
Incomprensibile, dal nostro punto di vista, appare l’accondiscendenza dei dipendenti delle nove Province regionale e delle società collegate alle stesse Province. Forse non hanno ancora capito che la soppressione delle Province li catapulterà in un limbo irto di incognite. Anche in questo caso le organizzazioni sindacali non la stanno raccontando giusta.
Per non parlare dell’acqua nei 52 Comuni del Palermitano, in provincia di Siracusa e nei circa 40 Comuni gestiti dall’Eas. Pure su questo fronte l’attesa imposta dai sindacati ai lavoratori è molto, ma molto discutibile.
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