L’esame di coscienza del M5s dopo il flop alle Europee Trizzino: «Commessi errori ma Lega comunica meglio»

I seggi elettorali sono chiusi da una sessantina di ore e così dovrebbero rimanere un bel po’. A meno che, si intende, Matteo Salvini non ci ripensi e decida di alzarsi sui pedali provando a staccare tutti, alleati compresi. E se gli addetti ai lavori non escludono un prossimo ritorno alle urne in concomitanza con la rottura dell’alleanza tra Lega e M5s, a sperare che non sia così sono di certo i cinquestelle. Le Europee sono state la sconfitta più cocente e le ammissioni arrivano anche dalla Sicilia, dove il partito si è comunque confermato primo a livello regionale. Ma con un 31,18 per cento che è soltanto lontano parente dell’oltre 48 per cento delle Politiche di un anno fa. 

«Il calo di voti c’è stato e sarebbe assurdo negarlo, si parla di numeri ed è oggettivo – dichiara a MeridioNews Giampiero Trizzino, deputato regionale cinquestelle -. D’altra parte, anche Luigi Di Maio ha ammesso la sconfitta a livello nazionale. In Sicilia il M5s è comunque primo partito, staccando di dieci punti la Lega». La consolazione resta magra se si considera che, un anno fa, il Carroccio in Sicilia era fermo ad appena il 5 per cento, mentre domenica ha sfondato il muro del 20 per cento. «È difficile paragonare elezioni diverse, questa tornata peraltro è stata segnata da un forte astensionismo ma ciò non toglie – prosegue – che se gli elettori hanno risposto in un determinato modo saranno stati commessi degli errori».

Gli esami di coscienza in casa cinquestelle sono partiti: ieri Di Maio, dopo oltre un giorno di riflessione, ha parlato. Complimenti ai vincitori e promesse di trarre insegnamento dal risultato negativo. Ma cos’è che non ha funzionato? Per molti la principale colpa è quella di essersi ripiegati sulle posizioni della Lega, finendo per essere l’alleato ombra di un governo che stando ai risultati delle Politiche – dove il M5s quasi doppiò la Lega  sarebbe dovuto essere a chiara trazione gialla. Oggi, invece, la miscelazione tra cromatica tra le forze in campo tende sempre più su un verde acido. «I numeri dicono che i nostri parlamentari hanno prodotto più atti, fatto più proposte degli esponenti leghisti – commenta Trizzino -. Forse però riusciamo a fare arrivare meno alla gente le cose che si fanno rispetto a Salvini. Ecco, credo che semmai lo scarto tra noi e loro possa esserci sul piano comunicativo». 

Resta il fatto che le accuse nei confronti del M5s riguardino spesso il merito delle questioni politiche. «L’azione politica si complica quando si è al governo rispetto a fare opposizione, è innegabile – va avanti Trizzino -. Questo accade perché i tempi con cui si riesce a dare le risposte ai cittadini sono più lunghi di quelli che si vorrebbe, e ciò indipendentemente dalla volontà di chi quelle risposte vuole darle davvero». Il voto al governo nazionale per il deputato resta comunque positivo. «Conosco l’impegno professionale e umano che ci hanno fin qui messo, a partire da Luigi Di Maio. Poi è chiaro che ci sono cose che non mi sono piaciute. Un esempio? Io non avrei di certo salvato Salvini dal procedimento sul caso della Diciotti, e nel mio piccolo così mi sono espresso con il voto su Rousseau».

Inutile, dunque, parlare di tradimenti delle speranze. Comprese quelle legate con il doppio nodo alla Sicilia. Su tutti, il caso Muos. «Non credo che questo governo nazionale abbia tradito le proprie posizioni nei confronti degli attivisti e di chiunque ha a cuore la questione – ribatte Trizzino, che nei mesi scorsi è finito nel mirino delle critiche del movimento che si batte contro l’impianto satellitare americano realizzato a Niscemi -. La querelle al Cga? Abbiamo formalmente depositato una rinuncia alla difesa dell’avvocatura dello Stato, e io per primo sono andato a Roma a ribadire la necessità che il governo si esprimesse in tal senso». Tuttavia, per i critici a mancare è l’azione politica di contrasto. «La ministra Trenta forse ha uno stile comunicativo diverso da quello che userei io – prosegue il deputato – Forse io sarei più diretto nell’esprimere le posizioni politiche, ma alla fine la pensiamo allo stesso modo: siamo entrambi contrari al Muos. Per bloccarlo, però, occorre lavorare sugli atti amministrativi regionali che lo hanno autorizzato. Ed è per questo che ho chiesto un tavolo sui valori di emissione delle antenne di Niscemi. Per smantellarlo bisogna dimostrare che lì non può starci, perché viola le leggi italiane. E resta questa la mia speranza».

Le valutazioni non cambiano se si parla di trivellazioni e della moratoria di 18 mesi decisa dal governo nazionale. «Il ministro Costa ha sospeso tutte le autorizzazioni che presentavano oggettivi aspetti non rassicuranti, quelle invece già rilasciate non potevano essere bloccate», commenta Trizzino. Specificando che timidezza politica e titubanze non c’entrano nulla. «Bisogna anche fare i conti con la realtà. Davanti a certi atti amministrativi non si può intervenire sul lavoro fatto da chi ti ha preceduto, cambiandolo senza addurre nuovi motivi. Il rischio, sennò, è di imbattersi in mille ricorsi e di perderli. E a pagare sarebbe lo Stato, dunque i cittadini». Per Trizzino da escludere pure che il momentaneo vento contrario sia prodotto dalle ire del popolo no-vax. «Anche in questo tema credo che ad avere avuto un ruolo sia stata la comunicazione. Certe posizioni magari sono state smussate, ma non mi sento di dire che la ministra Grillo abbia tradito gli elettori. D’altra parte a Catania, provincia da cui viene, abbiamo fatto bene. Se avessero voluto punire il suo operato potevano dare un segnale lì e non è stato così».

Passando alle cose fatte e su cui il Movimento 5 stelle era comprensibile puntasse per riaffermare il proprio consenso c’è senza dubbio il reddito di cittadinanza. La misura, però, seppure sia già partita a livello di sostegno economico deve ancora essere completata nella parte che riguarda la capacità di trovare concrete opportunità di lavoro. Una scommessa lungi al momento dall’essere considerata già vinta. «Ci sarà probabilmente bisogno di tempo prima che entri a regime e magari non funzionerà tutto in maniera ottimale. Ma la verità – afferma Trizzino – è che siamo intervenuti in un settore nevralgico, affrontando il tema della povertà con una misura che, fin qui, nessuno aveva avuto il coraggio di intraprendere». E se il governo cade prima che i tempi siano maturi? «Impossibile esprimersi su quel che sarà, io chiaramente spero che ciò non accada».

Intanto, mentre in queste ore Di Maio ha reso nota la volontà di chiedere agli iscritti di riconfermargli la fiducia su Rousseau come capo politico, e nell’Isola Giancarlo Cancelleri in un’intervista a La Sicilia ha rilanciato l’idea della creazione di una struttura di partito leggera, nel prossimo futuro verrà inevitabilmente al pettine un nuovo nodo. Tecnicamente tutto interno al Movimento 5 stelle, ma la cui risoluzione potrebbe inevitabilmente ripercuotersi in termini di fiducia e consenso: il vincolo del secondo mandato. Da mesi c’è chi ammette, ma a microfoni spenti, che qualcuno potrebbe provare a rivedere il principio del ricambio obbligatorio all’interno delle istituzioni. La prospettiva tuttavia per Trizzino – che stando così le cose dopo la seconda esperienza all’Ars dovrebbe tornare a fare l’avvocato – non è verosimile: «Non credo che verrà mai messo in dubbio il limite ai due mandati. Parliamo di uno dei pilastri del modo di intendere la politica del Movimento. Un cambiamento – conclude – sarebbe difficile da spiegare agli elettori».

Simone Olivelli

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