Leoluca Orlando, la speranza per Palermo

Ricordate l’annuncio compiaciuto che l’onorevole Gianfranco Miccichè fece alla città nel 2001, quando lanciò la proposta Diego Cammarata alla carica di primo cittadino di Palermo? Allora l’esultanza era alle stelle: “Vi stupirà” disse. E a suo modo aveva anche ragione, per il semplice motivo che mai Palermo aveva avuto un sindaco tanto disastroso e incompetente. Da allora Palermo ha avuto modo più che mai di stupirsi della propria dabbenaggine e della propria sudditanza alla demagogia del potere.

Con un’operazione di facciata le stesse forze che allora sostenevano Diego Cammarata, oggi propongono e sostengono la candidatura di un giovane bello e spregiudicato che, con un immenso credo d’immodestia, si paragona all’imperatore Alessandro Magno. Con la sua visione immaginifica, Massimo Costa pensa anch’egli di ‘stupirci’ e fare appunto l’Alessandro Magno del ventunesimo secolo. Purtroppo per lui non c’è alcun impero da conquistare e men che mai da costruire. C’è, semmai ne sarà capace, da risanare le finanze comunali senza ricorrere alla scontata tassazione dei servizi ai cittadini, all’aumento di tutte le tariffe, scegliendo, invece, l’alleggerimento dei costi fissi dell’amministrazione comunale e delle aziende partecipate. Ebbene, di questo il nostro aspirante sindaco non parla e non ci dice come intende rimpinguare le ‘casse’ comunali per assicurare i servizi elementari alla Città.

Gli onorevoli Angelino Alfano e, ancora una volta, Gianfranco Miccichè (insieme con l’onorevole Casini) sono i mallevadori di questo nuovo fenomeno politico, tirato fuori dal cilindro magico dell’improvvisazione, atteso che dei maggiorenti del loro schieramento nessuno ha voluto metterci la faccia sul disastro lasciato dal loro sodale Diego Cammarata. Sono, in buona sostanza, i soliti rappresentanti degli stessi interessi di rapina della città a convenire sulla medesima candidatura, in rappresentanza di chi non considera la città un bene comune di tutti i cittadini, ma un territorio da sfruttare nell’interesse di ben individuati ambienti parassitari e speculativi. Quegli interessi che hanno sacrificato l’economia dei piccoli esercenti sull’altare delle grandi concentrazioni commerciali (leggere l’esplosione della grande distribuzione organizzata). Addirittura sacrificando ad essi l’assetto urbanistico del territorio urbano, per esempio accordando al signor Maurizio Zamparini la possibilità di realizzare il nuovo stadio (quando lo vedremo?) adiacente al suo mega centro commerciale, pur disponendo di uno spazio appositamente previsto nel Piano regolatore generale in località Bandita. Tutto ciò con una semplice variante al Piano regolatore generale (Prg).

Se questo è il quadro che ci lasciano i rappresentanti del centrodestra pensiamo che la città ne abbia abbastanza per decidere un radicale cambiamento di rotta. Lo stesso vale per il candidato dei cosiddetti moderati: ma moderati di che? Moderati nel proseguire nel processo di distruzione della città di Palermo, così come gli stessi moderati stanno facendo alla Regione siciliana che con moderazione stanno proseguendo sulla stessa linea di distruzione dell’economia siciliana operata dal precedente governatore Salvatore Cuffaro? Andiamo vanti con moderazione verso il disastro totale alla fine raccoglieremo i frutti (marci, sic).

Agli elettori palermitani vorremmo ricordare la lettera di saluto – speriamo non definitivo – che Roberta Torre ha rivolto alla città. Un saluto amaro di un’intellettuale che, delusa dal degrado urbano, ha deciso di lasciarci. A chi ne avesse perso la memoria, l’Autrice di “Tano da morire” di questa città ha colto e rappresentato il volto nobile dei cosiddetti ceti polari e ne ha fatto un capolavoro. Erano i tempi in cui la cultura e le sue manifestazioni più alte contrassegnavano la vita di Palermo nel mondo. Erano i tempi dell’amministrazione guidata da Leoluca Orlando. Non sappiamo se quei tempi torneranno, ma è bello puntare su chi ne è stato l’autore nella speranza che la rivoluzione culturale necessaria per Palermo abbia la possibilità di avvenire (nel senso anche di futuro).

Non prendiamo in considerazione la candidatura di Fabrizio Ferrandelli – non certo per la sua persona, che riteniamo qualificata – ma perché riflette un logica di centro sinistra che è un derivato della filosofia politica bipolare: centrodestra Vs centrosinistra – e restare prigionieri di questo schema è come rinunciare all’essenza stessa della democrazia, che è pluralismo politico, culturale e socio economico. Per questa ragione scegliamo le diversità che ci portino fuori da quell’asfittico ambito politico che va sotto l’etichetta del bipolarismo.

 

Riccardo Gueci

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