Lentini, roghi e inondazioni rovinano agrumi «La Regione non pulisce, ora ci risarcirà»

Un fiume dovrebbe portare vita e fertilità. Ma quando i suoi argini vengono abbandonati e il suo letto si riempie di canne alte più degli agrumi che lo stesso corso d’acqua costeggia, non restano che devastazione e morte. Che assumono la forma d’incendi d’estateinondazioni d’inverno. Succede nelle campagne di Lentini, tra gli alberi di arance che crescono lungo le due sponde del fiume San Leonardo, uno degli affluenti del lago di Lentini, ieri colpito dall’ennesimo incendio della stagione calda. Centinaia di metri quadri di canneto bruciati dalle fiamme che sono entrate anche negli agrumeti. «E’ la decima volta che chiamo i vigili del fuoco e la polizia locale quest’estate, mi rispondono sempre allo stesso modo: non possiamo farci niente, è la Regione che non pulisce». Alessandro Tribulato è catanese, ha 28 anni e gestisce l’azienda di famiglia. Lungo il fiume San Leonardo ha un giardino di 13 ettari. «Io queste risposte non le tollero – afferma – perché è già abbastanza dura mandare avanti un’azienda agricola in questo periodo. Spendo migliaia di euro per tenere pulita la proprietà, invece la Regione dal 2009 non effettua la manutenzione sul fiume che è di sua competenza».

A spegnere il rogo ieri ci hanno pensato gli stessi proprietari dei giardini. Andrea Valenziani, 33 anni, era tra quelli in prima fila. Anche lui giovane imprenditore agricolo che nel 2012 ha fatto parlare di sé per la ferma opposizione ai metodi coercitivi utilizzati durante la protesta dei Forconi. «Abbiamo cercato di difendere almeno la bocchetta dell’acqua del consorzio, perché da quella dipendono le nostre campagne. L’unica cosa da fare era tagliare il canneto, ma i vigili del fuoco, allertati alle due del pomeriggio, sono arrivati poco prima delle otto. Sono rimasti circa un quarto d’ora, poi ci hanno detto che il loro turno era finito e che avrebbero mandato un’altra squadra». Ma dopo un paio di ore nessuna autobotte si è fatta viva dalle parti del fiume San Leonardo.

«L’incendio è sicuramente doloso, perché è partito dal greto del fiume, dove non si passa per caso – precisa Valenziani – Chi ha bisogno di pascoli, brucia la terra, ma così andiamo incontro al dissesto idrogeologico. Basta seguire la strada tra Catania e Siracusa: quest’estate sono bruciati centinaia di ettari». Accanto al cannetto, qualche metro sotto terra, passa anche una tubatura, che presumibilmente trasporta gas, di proprietà dell’aeronautica. «Collega Sigonella ad Augusta – spiega Tribulato – le forze armate dispongono di una rete propria. Non credo che ci sia il pericolo che esploda, ma è pur sempre rischioso quando c’è un incendio». Le fiamme però hanno bruciato anche i cavi elettrici dell’Enel e le case sulle sponde del corso d’acqua sono rimaste al buio. «Abbiamo passato la notte senza luce e senza acqua, visto che il motorino non funzionava, e in campagna non è facile», continua il giovane imprenditore.

Lui, insieme a un’altra decina di piccoli proprietari, ha denunciato il Genio civile della Regione per l’abbandono di quei terreni. Non è successo a seguito di un incendio, ma di un’inondazione. «Si ripetono tutti gli anni – spiega Veneziani – il materiale lungo gli argini ostruisce il deflusso dell’acqua all’altezza dei ponti, il fiume esonda nei giardini, rovinando le colture». Dopo l’allagamento del 2011 è scattata la denuncia. «Una perizia degli stessi tecnici di Palermo – racconta Tribulato – ha stabilito che solo nella mia proprietà ci sono stati danni per 67mila euro, sta per concludersi il procedimento e la Regione sarà costretta a risarcirci». «Anzichè programmare e spendere per prevenire, si aspetta un giudice che obbliga a un rimborso – aggiunge Veneziani – Sarebbe più conveniente per tutti usare questi soldi per la manutenzione».

Nonostante le difficoltà i due giovani imprenditori continuano a portare avanti la loro attività. «Ho avuto la possibilità di fare altro, ma preferisco la vita dinamica di un’azienda agricola, anche se guadagno di meno», spiega Tribulato. Per Veneziani, invece, tornare a Lentini, dopo aver studiato fuori, è stata una scelta. Sta cercando di dare una nuova impronta all’azienda di famiglia. Le parole d’ordine sono ambiente e legalità. Difficile, visto il contesto. «Tutti quelli che vivono o lavorano lungo il fiume hanno problemi – conclude – alcuni privati si sostituiscono alle istituzioni, in teoria commettendo un reato, ma l’unica manutenzione che ho visto fare è proprio quella abusiva di tanti volontari».

Salvo Catalano

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