Registi dell’operazione «detto Salvino» che alle scorse elezioni Regionali ha portato alla candidatura di Mario Caputo in sostituzione del fratello Salvino. I due coordinatori della Lega in Sicilia – Alessandro Pagano e Angelo Attaguile – sono indagati dalla Procura di Termini Imerese perché avrebbero saputo, suggerito e avvallato quello che per i pubblici ministeri è stato un vero e proprio raggiro degli elettori: presentare volutamente un candidato, Mario Caputo, inducendo a credere che fosse un altro, e cioè il fratello decisamente più noto Salvino Caputo (i due fratelli sono accusati anche di voto di scambio). «Senti, mi devi fare una cortesia – dice Pagano, referente del partito di Salvini in Sicilia occidentale a Salvino Caputo – non possiamo prendere settemila o seimila voti e buttarli al macero. Scusa, male che va candidi tuo figlio. Tu continui ad essere più forte di tutti. Io so già la soluzione qual è. Caputo senza fotografie e Gianluca, non so come si chiama tuo figlio, detto Salvino. Punto e basta, funziona così». Alla fine al posto del figlio, viene messo in lista il fratello che risulta il primo dei non eletti in Alleanza per la Sicilia – Nello Musumeci Presidente che univa candidati di Fratelli d’Italia e Noi con Salvini.
L’incandidabilità di Salvino Caputo – per quattro volte parlamentare nazionale con Alleanza Nazionale, Forza Italia e Pdl, nonché due volte sindaco di Monreale, sulla cui forza elettorale la Lega contava per ottenere un buon risultato – nasceva dalla legge Severino, per una condanna a un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio. Il 29 settembre del 2017, quindi a poco più di due mesi dalla Regionali, Salvino Caputo apprende da una sua collega avvocata che l’istanza di riabilitazione è stata rigettata. L’esponente della lista Noi con Salvini chiede quindi un parere legale all’avvocato amministrativista Gaetano Armao (oggi vicepresidente della Regione). Successivamente chiama Pagano e, pur sapendo che il provvedimento è stato bocciato, gli comunica che la decisione era stata rinviata e quindi non poteva essere candidato. In questa telefonata Pagano avrebbe suggerito di candidare un familiare, che in un primo momento viene individuato nel figlio.
La scelta di Pagano sarebbe stata condivisa anche da Angelo Attaguile. Lo stesso giorno, circa un’ora dopo, Attaguile parla con Caputo che è intercettato: «Ho parlato con Alessandro (Pagano ndr) – dice il coordinatore della Lega in Sicilia orientale che in quel momento è anche parlamentare – la soluzione che ha posto lui è ottima. Quella “detto Salvino”. Candidare tuo figlio e stare tutto così com’è e poi ci si mette “detto Salvino”. La tua la mantieni lo stesso. Questa candidatura, mettendoci il nome di tuo figlio. Però ci metti “detto Salvino”». Alla fine il candidato è il fratello Mario e i manifesti elettorali vengono affissi senza nome e senza foto. Per gli inquirenti un vero e proprio raggiro che configura l’ipotesi di reato di attentato contro i diritti politici del cittadino.
«Io – dice adesso Attaguile a MeridioNews – ho ritenuto valida la proposta di Pagano, anche perché Caputo mi ha fatto notare che davvero suo figlio era conosciuto anche come Salvino, perché assomigliava al padre. Alla fine non fu candidato lui, ma il fratello e l’ho saputo a cose fatte, perché io mi sono occupato delle liste nelle province orientali. Non ho fatto né sono a conoscenza di alcun voto di scambio, non mi è ancora arrivata nessuna comunicazione dalla Procura, ma se le accuse sono queste, relative alla candidatura del fratello di Caputo, sono assolutamente tranquillo».
Pagano viene tirato in ballo anche in un’altra circostanza, in uno degli episodi in cui Salvino Caputo avrebbe fatto promesse in cambio di voti. In particolare, gli inquirenti annotano che quest’ultimo avrebbe cercato di ottenere i voti di Nicola Bordino (pure lui indagato), dei suoi parenti e dei suoi conoscenti in due tornate elettorali: le Amministrative di Termini Imerese del 2017 e le successive Regionali. Nel primo caso il candidato che avrebbe giovato delle promesse sarebbe stato Francesco Giunta, nel secondo Mario Caputo. In cambio a Bordino sarebbe stata promessa l’assunzione in un’impresa di pulizie che lavorava all’ospedale di Termini, «per il tramite – si legge nell’ordinanza – del deputato nazionale Pagano Alessandro».
Ci sarebbe un fascicolo a parte della Procura di Termini Imerese sui due coordinatori della Lega, Attaguile e Pagano, all’epoca delle indagini entrambi parlamentari. Alle ultime elezioni nazionali il primo non è stato rieletto, mentre il secondo è stato riconfermato. Di conseguenza serve il via libera del nuovo Parlamento all’uso delle intercettazioni. Un passaggio che potrebbe creare qualche imbarazzo in una fase delicata, ma che viene scongiurato dalla presa di posizione dello stesso Pagano. Tramite il suo avvocato, Nino Caleca, infatti, ha già annunciato che «darà il consenso all’utilizzo delle intercettazioni». Nell’altro fascicolo gli indagati sarebbero una ventina e, oltre ai due fratelli Caputo, ci sarebbero altri colleghi di partito. Una vicenda particolarmente spinosa per la Lega, già spaccata in Sicilia a causa della differenza di vedute dei due coordinatori su diversi nodi. Domani mattina sarà Matteo Salvini a prendere eventuali decisioni: alle 11 ha convocato Pagano e Attaguile a Roma. Un’ora dopo salirà al Quirinale, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per le consultazioni in vista della formazione del nuovo governo.
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