L’effetto Udc, D’Alia e Leoluca Orlando

Per ora l’unico dato certo è il ‘divorzio’ tra l’Udc siciliana di Giampiero D’Alia e il governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo. Su questo passaggio politico le interpretazioni si sprecano. C’è chi lo vede come una mossa per accelerare il passaggio dal governo regionale dei ‘tecnici’ (l’attuale) a un governo ‘politico’ (con dentro gli esponenti di tutti i partiti dell’alleanza di centrosinistra che oggi appoggiano l’attuale esecutivo). Ad avallare questa tesi potrebbero essere due elementi. In primo luogo il ‘plauso’ di Futuro e Libertà alla mossa dell’Udc, a fronte di quella che, in fondo, appare, almeno in questa fase, come una rottura del Terzo polo (del quale, ricordiamolo, fanno parte Udc, Futuro e Libertà, Api e Mpa). Il secondo elemento che potrebbe lasciare pensare a un passaggio verso il governo ‘politico’ sono le nomine, ormai imminenti, dei dirigenti generali dei dipartimenti regionali.
Questa lettura (di fatto, un accordo di potere sui dirigenti generali della Regione) che comunque non è da scartare a priori – e che non va scartata soprattutto in una prospettiva di medio termine, con riferimento al Terzo polo – risulta, in questa fase, un po’ troppo slegata dagli eventi prossimi venturi. Il riferimento è alle elezioni amministrative della prossima primavera. Cominciando, per esempio, da Palermo. Dove tutti i partiti tradizionali – di centrodestra e di centrosinistra – sono finiti, di fatto, in ‘fuori gioco’ con la candidatura di Rita Borsellino.
La Borsellino, è vero, fa parte del centrosinistra. In questo schieramento il candidato a sindaco dovrebbe essere scelto con le elezioni primarie. Ma va da sé che nessuno, oggi, nel centrosinistra del capoluogo siciliano è in grado di mettere in discussione la figura di Rita Borsellino. Che, ormai, primarie o non primarie, sarà la candidata ufficiale del centrosinistra alla guida di Palermo, con buona pace di quella parte del Pd che la osteggia.
La candidatura, anzi la possibile elezione a sindaco di Palermo di Rita Borsellino terrorizza la borghesia mafiosa della città che, dalla fine degli anni ‘80 ad oggi, ha sempre mantenuto alcune importanti ‘postazioni’. Il tutto con effetti dirompenti sulla vecchia politica cittadina e regionale. L’elezione di Rita Borsellino segnerebbe il tramonto, se non la fine, del neo-consociativismo di quella parte del Pd che si riconosce nelle posizioni di Antonello Cracolici e Giuseppe Lumia, fautori del sostegno al governo regionale retto da Raffaele Lombardo. Questi ultimi, pur avendo contro il 90 per cento della base del partito, condizionano con il clientelismo ‘pesante’ il gruppo parlamentare dell’Ars e, trovando importanti ‘sponde’ a Roma.
Ma se, fino ad oggi, nonostante le resistenze della base del Pd siciliano, Cracolici e Lumia sono riusciti a imporre al partito l’alleanza con Lombardo, con l’eventuale elezione a sindaco di Rita Borsellino la vita, per loro, si complicherebbe. Si rafforzerebbe la tesi – nella base del Pd siciliano è già ampiamente maggioritaria – che il partito deve costruire una prospettiva politica e programmatica di sinistra che nulla ha a che vedere con il trasformismo di Lombardo. Da qui l’esigenza di Cracolici e Lumia di ‘stoppare’ non la candidatura (ormai questa partita l’hanno persa), ma l’elezione di Rita Borsellino.
In questo scenario si è inserito Leoluca Orlando che, dal 1990 ad oggi, è sempre stato la ‘bestia nera’ della sinistra palermitana. Un personaggio con il quale, in forza di una sorte che sembra più beffarda che amica, il Pd di Palermo deve tornare a discutere. Orlando, oggi leader di Italia dei Valori in Sicilia, è noto, ha abbandonato il ‘tavolo’ delle primarie del centrosinistra proprio perché non vuol sentir parlare di alleanza con Lombardo. Ma, per uno di quei paradossi della politica, Lumia e Cracolici, pur di non vedere vincere Rita Borsellino a Palermo, potrebbero votare, magari sottobanco, per Orlando.
Se il ripiegamento in chiave anti-Rita Borselino dell’ala ‘consociativa’ del Pd su Orlando è ancora prematuro, una possibile alleanza tra lo stesso Orlando e l’Udc di D’Alia, magari – perché no? – con la ‘benedizione’ di Pierferdinando Casini, potrebbe essere un’ipotesi plausibile. Uno scenario che potrebbe presupporre una sorta di ricomposizione complessiva di un’area moderata di estrazione democristiana. Sotto questo profilo, la rottura dell’Udc con il governo Lombardo potrebbe anche essere letta come una sorta di ‘prova tecnica’ di un centro un po’ più ampio dello stesso Terzo polo. Un possibile, ampio schieramento moderato ma aperto alle istanze innovative della società siciliana dove potrebbero trovare voce, ovviamente in una prospettiva temporale ampia, vari esponenti dell’area politica di centro che oggi si ritrovano sparsi tra il centrodestra e il centrosinistra.ì
Non sfugge, in questa fase politica, partendo per l’appunto da Palermo, una possibile convergenza tra Orlando – ormai candidato a sindaco di Palermo – e tutti gli ex democristiani sparsi qua e là, dalla già citata Udc a ‘pezzi’ dello stesso Pd (si pensi all’area che fa capo a Sergio D’Antoni e Luigi Cocilovo con i quali, lo stesso Orlando, ha cominciato a muovere i primi passi in politica negli anni ’70). Per non parlare non tanto dei vertici, quanto dell’elettorato dei Popolari per l’Italia di domani, partito frastornato dopo la recente e forse non troppo lungimirante svolta governativa-berlusconiana imposta da Saverio Romano: svolta che il partito ha mostrato di non ‘digerire’.

 

Giulio Ambrosetti

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