Nei giorni in cui un privato ha spento i servizi informatici della Regione, ce n’era uno che ha continuato a funzionare. Merito di scelte diverse e virtuose anche dal punto di vista economico prese nel recente passato. Si tratta dell’Osservatorio dell’Acqua. Dopo il black out a causa della grana legale con la società Engineering per il mancato pagamento di fatture per 114 milioni di euro da parte della Regione, da un paio di giorni sono tornati accessibili i servizi della società partecipata Sicilia e-Servizi. Per oltre 48 ore non è stato possibile accedere al centro unico per le prenotazioni sanitarie, al sistema di pagamento degli stipendi dei dipendenti pubblici, al sistema informatico degli uffici della Regione, alle mail ordinarie e certificate, e ai centri per l’impiego.
Con un atto unilaterale – definito «illegittimo» da Antonio Ingroia, amministratore della partecipata, nominato dal governo Crocetta – l’ex socio privato ha deciso di spegnere il server centrale di Point Saint Martin, in Valle d’Aosta, come ritorsione per il mancato pagamento dei debiti. Ma non tutti i servizi della Regione sono stati messi al tappeto dallo spegnimento. E come sempre si scopre che tra le maglie di un servizio pubblico inefficiente si nascondono vere e proprie eccellenze non valorizzate.
È il caso dell’Osservatorio dell’Acqua, che fa parte del dipartimento Acqua e rifiuti, presso l’assessorato all’Energia. I servizi informatici dell’ente durante il black out hanno continuato a funzionare grazie alla gestione accorta dei servizi informatici da parte dei lavoratori interni. L’Osservatorio si occupa di monitorare costantemente le acque superficiali del territorio siciliano attraverso un elaborato sistema di centraline e sensori. Il sistema è complesso perché sovrintende alla gestione di un’enorme mole di dati che provengono dal suo sistema di monitoraggio delle variabili meteoclimatiche come pioggia, temperatura e altezze idrometriche. Dati che, oltre ad essere raccolti e forniti in tempo reale, vengono inviati alla Protezione civile per l’elaborazione degli avvisi di rischio idraulico e idrogeologico. Un sistema accurato che non può permettersi guasti o black out, soprattutto se volontari.
Infatti il funzionamento del sito, dei server e dei sensori non è stato acquisito da Sicilia e-Servizi e viene gestito internamente dagli impiegati regionali, per lo più precari. E non è tutto: l’ampio utilizzo di sistemi informatici open source ha permesso di risparmiare sull’acquisto delle licenze software e investire piuttosto su nuovi macchinari per rendere più accurato il servizio. Un modello che, alla luce della mole dei debiti contratti per l’informatizzazione della regione, potrebbe essere esteso a tutti i servizi regionali, lasciando così alle spalle l’esperienza fallimentare di Sicilia e-Servizi.
Gli addetti ai lavori stimano un risparmio per le casse della Regione nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro. Ma la Sicilia ha scelto un’altra strada decidendo di esternalizzare il servizio e affidandosi a software proprietari. Proprio ispirandosi al modello dell’Osservatorio delle Acque, alcuni deputati regionali del Movimento cinque stelle avevano avviato un iter per la proposta di legge che dovrebbe imporre l’utilizzo del software nella pubblica amministrazione, permettendo il ricorso a società esterne solo in casi specifici. Ma la proposta di legge si è inabissata, così il carrozzone Sicilia e-Servizi continua a essere il gestore unico dei sistemi informatici. Salvo brillanti eccezioni.
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