«Un proverbio dice: “‘mbriachi e picciriddi, u Signuri aiuta“. Dato che l’assessore Cordaro non mi pare un bambino, devo pensare che abbia alzato il gomito». Visto il tema, parlare di polemiche che divampano tra ambientalisti e assessorato al Territorio sarebbe un prevedibile calembour, un gioco di parole scontato. Certo è che, mentre anche ieri la Sicilia non è stata risparmiata dai roghi – impaurendo le persone e registrando l’ennesima perdita di vegetazione e animali – dentro ai palazzi della Regione non si respira aria di ferie. Il governo Musumeci e l’intero apparato burocratico continuano a essere sott’accusa per la gestione di un’emergenza che quest’anno ha assunto le sembianze del dramma quotidiano. E se un certo livello di tensione è fisiologico, certe esternazioni danno il polso del nervosismo. «Legambiente si vergogni, si è rifiutata di aiutare la Regione», è l’attacco sferrato martedì da Toto Cordaro a indirizzo dell’associazione guidata nell’isola da Gianfranco Zanna.
Al centro della querelle c’è la mancata firma del protocollo d’intesa che la Regione ha proposto agli ambientalisti per potenziare la macchina dei soccorsi. Strada nei mesi passati percorsa da Cordaro con le associazioni di categoria dei coltivatori e che, nei giorni scorsi, ha visto anche il coinvolgimento degli scout. Non tutti però ci sono stati. «L’assessore Cordaro gioca al piccolo balilla, ma dovrebbe farsi qualche domanda se le associazioni che hanno in gestione le riserve in Sicilia, a eccezione di una sezione di Italia Nostra, hanno lasciato il tavolo», dichiara Zanna a MeridioNews. In effetti, scorrendo la lista dei firmatari a mancare all’appello sono realtà come il Wwf, la Lipu, ma anche Gre e Rangers d’Italia. «Ci sarà un motivo se a rimanere al tavolo sono state soltanto piccole realtà? – rilancia il presidente di Legambiente – Chiedevamo misure serie e strutturate, non un’intesa che non sortirà alcun effetto se non quello di rischiare di addebitare responsabilità pesanti sulle spalle delle associazioni».
A non convincere Legambiente è il rapporto tra volontari e addetti antincendio previsto dal protocollo, ma soprattutto la sensazione che più che correre ai ripari si stia procedendo a una socializzazione delle colpe. «Finiamola di parlare di emergenza. Un terremoto è un’emergenza, non gli incendi. La Sicilia è colpita dai roghi da sempre e ogni anno non viene fatto nulla per far sì che le cose cambino», prosegue Zanna. Quello della mancata prevenzione è il principale capo d’accusa rivolto alla politica. Lo è oggi con l’attuale governo, lo è stato in passato con i predecessori di Musumeci. A sottolinearlo, ogni primavera, sono anche i sindacati che lamentano il ritardo nelle assunzioni degli operai stagionali che dovrebbero occuparsi della manutenzione dei boschi. Per Legambiente, però, il problema è ben più complesso ed è per questo che, a novembre dell’anno scorso, l’associazione ha inviato una lettera a Musumeci, Cordaro, all’Ars, ma anche ai dirigenti del Corpo forestale e a tutti i prefetti dell’isola. Otto pagine in cui sono raccolte tutte le criticità che contribuiscono a rendere ingestibile la tutela del territorio da chi, per interessi diversi e ancora oggi non tutti completamente chiari, punta a ridurre in cenere boschi, campagne e terreni in città. «Mai avuta risposta, né a novembre né dopo – assicura Zanna – A dimostrazione di come, al di là dei proclami, la politica non dimostra di impegnarsi a sufficienza».
L’elenco di suggerimenti inoltrati da Legambiente raccoglie temi che chiamano in causa direttamente il governo regionale e altri in cui la giunta Musumeci sarebbe chiamata a un’operazione persuasiva nei confronti del parlamento nazionale. «Abbiamo chiesto di far sì che i carabinieri forestali possano essere impiegati anche in Sicilia, che le convenzioni con i vigili del fuoco siano rafforzate anziché attivate quando già è tardi e che si intervenga perché il catasto incendi diventi uno strumento efficiente e non qualcosa che esiste solo sulla carta – elenca Zanna – Ma per noi è necessario anche spingere affinché a livello nazionale si intervenga sulle norme per rafforzare i divieti sulle aree percorse dal fuoco, compreso il divieto di caccia per dieci anni, lo stop dei finanziamenti pubblici per le aziende agricole i cui terreni sono andati a fuoco per il cinque per cento e degli investimenti per il rimboschimento di ciò che viene distrutto». Misure, queste ultime due, che rimandano al concetto di «industria del dissesto» che si muoverebbe dietro agli incendi.
«Non ho alcuna intenzione di replicare a Zanna che è un comunista praticante e, quindi, un oppositore per principio del governo – replica l’assessore Cordaro a MeridioNews – Io sto combattendo una guerra, non sto a perdere tempo con queste». Atmosfere da don Camillo e Peppone a parte, Cordaro assicura che la Regione sta facendo tutto ciò che c’è da fare «per salvare la Sicilia dagli assassini incendiari». Sulla mancata firma del protocollo da parte di Legambiente, già martedì l’esponente della giunta Musumeci non aveva esitato a parlare di «sciacalli in cerca di visibilità». Una posizione che non sembra essere mutata: «Il catasto incendi? Zanna dovrebbe sapere che l’invio dei dati spetta ai Comuni non alla Regione e, finché la legge è questa non ci sono sanzioni applicabili per chi non lo fa». Il riferimento di Cordaro è alla proposta di Legambiente di commissariare gli enti locali inadempienti, nella consapevolezza che un mancato aggiornamento del registro dei roghi complica non poco l’applicazione della legge che introduce il divieto di cambiare destinazione d’uso dei terreni percorsi dal fuoco, ma anche la possibilità di realizzare opere edili o impianti produttive. Questo, però, se si tratta di aree boschive o adibite a pascolo. «Bisogna spingere affinché il divieto di pascolo anche nei terreni agricoli», è una delle proposte di Legambiente.
Che quella di Cordaro sia una difesa d’ufficio o l’espressione di un sincero convincimento, resta il fatto che gli elementi per pensare che la Regione anche quest’anno non abbia spiccato per prontezza di riflessi ci sono. Tra questi c’è l’appalto per la fornitura dei dispositivi di protezione individuale da destinare al personale antincendio: l’aggiudicazione efficace all’unica ditta partecipante è arrivata martedì scorso e riguarda soltanto giacche, salopette, occhiali, maschere, filtri antifumo e cinturoni ignifughi. Nulla da fare, invece, per guanti, caschi dotati di torcia e cappucci sottocasco. Peggio è andata con il tentativo di potenziare il parco mezzi. In autunno, la Regione puntava ad acquistare 106 autocabinati con capacità di mille litri e 16 autobotti da quattromila litri, ma la gara da 20 milioni di euro è stata prima annullata e poi revocata in seguito a un grottesco scivolone nella redazione del capitolato d’appalto.
«Deve chiedere al dirigente generale della Protezione civile, io non mi occupo di gare», taglia corto Cordaro. La scena si ripete, o quasi, quando si prova a chiedere un commento sull’opportunità di indire soltanto a fine giugno – e stando a quanto appreso da MeridioNews l’iter non si è ancora concluso – la procedura per acquisire i corsi di aggiornamento per il personale del Corpo forestale che svolgerà funzione di direttore delle operazioni di spegnimento. In gergo Dos, si tratta di una figura introdotta dal governo Conte. «Questa dei corsi di formazione è una cosa reclamata dal sindacato Sadirs, un altro soggetto che rema a priori contro il governo, ma non sono previsti dalla legge», afferma Cordaro, fraintendendo in un primo momento la domanda. Poi, chiarito che il tema non è l’indizione o meno della gara per acquisire il servizio ma la tempistica con cui ciò è stato fatto, l’assessore chiosa: «Va chiesto a Salerno (il dirigente generale del Corpo forestale, ndr)». MeridioNews ha provato a contattare il dirigente tramite la batteria della Regione, senza però riuscirci.
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