Le stragi, la mafia e qualche riflessione a luci spente Il contributo della legalità nelle azioni di ogni giorno

Il 23 maggio è passato. Le telecamere sono state spente, i microfoni sono stati chiusi, i palchi sono stati smontati, gli striscioni sono stati avvolti, le testimonianze sono state archiviate e i discorsi sono sati consegnati alla storia. È stato come togliersi un pensiero, tacitando in qualche modo la coscienza civica. I due eroi, sui quali è stato detto tutto il bene possibile e immaginabile, sono stati celebrati e adesso si può pensare ad altro. Molti padri di famiglia si ritroveranno a fare i conti con il lavoro che c’è e non c’è; gli studenti penseranno a chiudere nel migliore dei modi l’anno scolastico lasciando ai loro colleghi dell’ultimo anno le preoccupazioni per gli esami di Stato; gli organi di informazione riporteranno l’attenzione sull’Ucraina che sta ospitando in campo neutro la sfida tra America e Russia; i virologi continueranno a dissertare di Covid 19 senza trascurare le prospettive offerte dal vaiolo delle scimmie che si candida per prendere il posto del famigerato virus; qualcuno cercherà di integrare il reddito di cittadinanza con qualche lavoretto in nero; le famiglie combatteranno con i prezzi che continuano a crescere e con l’inflazione che ha ripreso la sua corsa.

Anche le Istituzioni si riprenderanno il lavoro usato, con il pensiero rivolto alla campagna elettorale in vista delle imminenti competizioni elettorali, da vincere a ogni costo. Non importa con chi, ma da vincere assolutamente. Dei due giudici, trucidati a Capaci e in via D’Amelio, se ne riparlerà il prossimo anno, magari senza la stessa solennità del Trentennale. Rimangono però i distinguo e le polemiche, e con essi le zone d’ombra e misteri che i processi non hanno ancora chiarito. Per non parlare poi del fisiologico relativismo che spinge ciascuno a interpretare pro domo sua il concetto oggettivo di legalità.

La legalità è una condizione che quando si raggiunge produce effetti positivi su tutti, ma perché si raggiunga è necessario, non si dimentichi, che ciascuno dia il proprio contributo, rinunciando a qualcosa per il bene di tutti. Un bene che tutti siamo chiamati a costruire e a difendere ogni giorno. E dicendo tutti il riferimento – più che alla magistratura, alle forze dell’ordine e alle istituzioni (alle quali tocca fugare ogni ombra e fare emergere verità nascoste) – è a ciascuno di noi, cui tocca contribuire a dare concretezza all’idea di legalità.

Tutti, infatti, potremmo dare un grosso contributo, se riuscissimo a modificare i nostri comportamenti quotidiani. E quando dico ciò penso – tanto per fare qualche esempio – alla tentazione che ci assale tutte le volte che cerchiamo un amico che ci faccia saltare la fila in un ufficio o che acceleri l’iter di una pratica; penso anche, altro esempio, alla tentazione di sostare la macchina dove capita prima perché non vogliamo perdere tempo a cercare il parcheggio oppure a lasciare il sacchetto della spazzatura davanti l’uscio di una casa notoriamente disabitata o, peggio ancora, scaraventarlo fuori paese alla prima curva (Se ciascuno di noi pulisse l’uscio di casa propria – dice un antico proverbio arabo – tutte le strade sarebbero pulite)Se riusciremo a non farci ammaliare da queste tentazioni, se la smetteremo di cercare scorciatoie, non solo rispetteremo la legalità, ma eviteremo di alimentare quella mafiosità che costituisce il terreno fertile su cui può attecchire un seme ben più pericoloso. Daremmo, insomma, sostanza a fiaccolate, cerimonie e convegni e permetteremmo ai morti di riposare finalmente in pace. 

Vito Sapienza

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